I giorni verdi dell’adolescenza

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Si dice che l’adolescenza sia il periodo più interessante per la vita di un uomo.

Ebbene, prendete ad esempio me, un ragazzino alle soglie della scuola superiore, che non aveva ancora un gruppo preferito “suo”, essendo cresciuto fra i grandi classici.

Insomma, sentiva di avere bisogno di qualcosa di più “moderno”. Sta di fatto che nel novembre del 2004 la Reprise Records rilasciò, anche se io non ne avevo idea, l’album che avrebbe cambiato la mia vita per sempre.

“American Idiot” è un concentrato di feels, di musica che non avevo mai sentito prima e molto vicino all’incertezza cupa che stavo vivendo. Per farla breve, mi sono sentito molto vicino alla “Boulevard Of Broken Dreams“, quando uscì come singolo e spopolò fra le radio. Come avrei potuto ascoltarla, altrimenti? Ricordo ancora il setaccio che facevo, facendo scorrere la lancetta indicatrice della radiolina fra un estremo e l’altro, alla ricerca della mia canzone preferita. Che tempi, eh? Adesso non si va più in là del “Perdon” che poi è “Bailando” e quindi la radio è inavvicinabile.

Insomma, non conoscendo la benché minima sfumatura di inglese, sapevo dentro di me che quel singolo era forse il migliore e quello che mi comunicava al cuore, al mio cuore infranto da poco dal primo amore delle medie… ma non divaghiamo.

E poi uscì “Holiday” e poi uscì “Wake Me Up When September Ends“, quindi, vedendo che un singolo dietro l’altro era sempre meglio, decisi di andare a caccia del cd, ovvero l’album fasullo, in vendita presso tutti gli extracomunitari abusivi.

Ebbene, visto che nonostante si passasse in radio era comunque un prodotto di nicchia, “American Idiot” non fu reperibile prima di quella domenica di ottobre 2005, e da lì fu tutta un’escalation, grazie a Emule e i suoi potenti mezzi riuscii a ottenere tutti gli album, compresi i primi due usciti con l’etichetta indie Lookout Records.

Beh, e devo dire che sono stati otto anni davvero produttivi. I Green Day mi hanno accompagnato davvero durante tutta l’adolescenza, insegnandomi a non perdere mai la speranza, a combattere per ciò che ritengo giusto e a non fidarmi dei politici.

“Eh ma i Green Day sono merda”, “Sì ma i Green Day sono dei venduti”, “Il batterista è un monopalla” (vero, ndr), eccetera, sono solo un assaggio di quello che dicono gli haters. Va bene che crescendo poi ho maturato il genere musicale, ma ovviamente i tre ragazzi di Berkeley hanno un posto riservato nel mio cuore, culminato il 5 giugno 2013 all’Ippodromo delle Capannelle.

Quella è stata appunto l’apoteosi, la sera, anzi, la Sera, che chiudeva un ciclo. Erano otto anni che aspettavo il momento in cui li avrei visti dal vivo e c’è stato un momento in cui ho rischiato di non vederli. Pensate che avrei dovuto essere a Milano nel 2009, tanto che contavo i giorni proprio nel perioodo in cui con la scuola dovevamo fare la crociera.

“Eh ma in crociera ti diverti, di qua di là…”

“Senti, un concerto dei Green Day vale più di 300 crociere!”

Così mi espressi, e nonostante poi non riuscii ad andare a Milano ne rimasi fermamente convinto.

Adesso, dopo la caduta di stile espressa con la “trilogia” da cui comunque è scaturito il tour famoso, dicevo adesso ho altri interessi e credo proprio che le nostre strade si siano irrimediabilmente separate.

Però non dimenticherò mai le mani brucianti dai troppi applausi, l’afonia che mi ha colpito per ore, l’attesa sotto il sole, quel giorno a Mondello in cui trovai American Idiot e le centinaia di stralci di vita in cui i Green Day ci sono stati, laddove non c’era nessun altro.

Quindi, grazie BJ. Grazie Mike. Grazie Tré.

“Ah ma quindi non ti sei fatto le canne?”

Certo che no! Il titolo è solo uno specchio per le allodole, perdinci!

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4 pensieri su “I giorni verdi dell’adolescenza

  1. Hai visto i green day😍😍😍 anche a me piacevano tanto..li ho riascoltati giusto pochi giorni fa…21 guns..che belli…mi sembra di leggere qualcosa di nuovo oggi…e mi piace molto..lo trovo piü vero…ciao Andry 😎

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