L’autobus/1

Non pensi mai a certe cose, eppure succedono, ed è in quelle occasioni che poi rimani basito dalla varietà della vita.

Ma sì, quando la pazzia si impadronisce della realtà non hai scampo. Puoi fare tutto, anche metterti a cantare in mezzo alla strada, ma non hai comunque scampo.

È proprio quello che è successo a me e a mia sorella quella mattina.

Si dava il caso che, come tutte le altre mattine, avevo preso il bus con la sorella di cui sopra, quindi non stupitevi se le avevo chiesto appena prima di salire “Prendi il biglietto e timbralo, orsù”, mentre io non avevo bisogno di farlo, poiché avevo l’abbonamento.

Notai sin da subito che c’era gente alquanto singolare e che poi avrei avuto modo di conoscerne meglio la pazzia, a parte mia sorella che ascolta musica: un signore distinto che non avevo mai visto prima, la signora con i sacchi della spesa che prende sempre il bus per fare la spesa (appunto) e che già era piazzata accanto il posto dell’autista per eventualmente tempestarlo di domande non appena arrivava, e un vucumprà, che con aria annoiata cercava di tenersi sveglio, mentre i fazzolettini Tempo che aveva in mano ciondolavano indolenti fra le sue braccia.

Io lasciai perdere e mi misi le cuffiette per ascoltare la musica, e vedere la gente che va e la gente che viene prima che effettivamente arrivi l’autista mi piacque molto.

In effetti ero già alla quarta canzone e ancora l’autista non si faceva vivo, al che la signora della spesa accennata prima chiese al distinto signore “Scusi, ma sa a che ora parte?”

Il distinto signore rispose “Non lo so signora, comunque questi autobus fanno sempre come vogliono” riferendosi proprio agli autobus, probabilmente, e non agli autisti.

“Come ha ragione!” esclamò la signora; e giù una tiritera trita e ritrita sul malfunzionamento del trasporto pubblico cittadino, ma non sanno che in verità l’autista è impegnato in altre faccende anche più importanti, come ad esempio decidere se salire con o senza giacca.

Avrei voluto dire “Salvano la gente da improvvisi incendi”, ma a quanto pare non lo fanno.

In ogni caso, nella discussione vidi molto feeling fra loro, e mi piacque pensare che avrebbe potuto nascere qualcosa, nella coppia sotto il segno del bus.

Nel senso che una volta scesi non si sarebbero più parlati, per poi ritornare a frequentarsi qualora si fossero incontrati nuovamente sul bus.

L’autista finalmente salì nella sua cabina fuori dal mondo, e non capii da che parte fosse spuntato, preso come ero dal mio peregrinare nella mia mente. Mi ero anche perso.

Si direbbe che fosse tutto pronto per la partenza, e invece no: apparve una luce verde, segno che gli alieni ci avevano appena rapito, come sempre avevo desiderato. Improvvisamente, così come lo sto raccontando.

L’autobus era arrivato all’interno di quello che possiamo definire disco volante.

Un essere verde acqua senza naso, con quattro occhi e una cresta sul cranio che andava su e giù come se stesse respirando, aprì una delle sue tre bocche (una seconda ce l’aveva nel torace e una terza sul ginocchio destro, non chiedetemi perché) salì sul mezzo e disse “Ma beeene! Vedo che questi umani hanno avuto l’ardire di superare la nostra Trappola, eeeeeh?”

La signora della spesa gli rispose “Ma quale trappola! Stavamo tornando a casa!”

 

Che suspence! Come finirà?

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