Capitolo 27
Già, Caleb non vedeva sua madre e sua sorella da parecchio tempo. Aveva pochi ricordi legati a loro, ricordi che via via sbiadivano col passare del tempo.
Al ragazzo venne in mente Isabel, la sorella nata poco prima di Jakob, ma generalmente ignorata nella scala degli eredi poiché donna, e dunque impossibilitata a mantenere il proprio cognome. Abraham diceva sempre che era meglio per le donne Hesenfield rimanere nubili e senza figli, per due motivi.
“Il primo” diceva “è che non c’è nessun uomo degno di sposare una donna Hesenfield. In secondo luogo, voi stesse non avete bisogno di un uomo per potervi realizzare, e anche se fosse siete già realizzate sin dalla nascita, poiché portatrici di un grande cognome e di radici storiche senza pari”
Quello lo aveva detto ad una delle ultime cene in famiglia, tutti assieme. Isabel ascoltava rapita, e chissà se col tempo aveva assorbito quelle istruzioni o se alla fine si era concessa ad un uomo. Di certo, Caleb non dubitava che fosse molto desiderata, anche se non capiva come gli altri uomini non capissero quanto fosse poco intelligente. Secondo Jakob, era proprio un’oca.
Un altro ricordo che aveva, più piacevole dei momenti seri e rigidi che erano state le cene in famiglia prima della separazione, riguardava lui e Isaiah che la prendevano in giro, a volte nascondendole i gioielli, o altre volte giocando spensieratamente ad acchiapparsi attorno all’albero di mele, che a quei tempi era ancora rigoglioso.
E tutti quei momenti erano così lontani che sentì una fitta al cuore. Era deciso, si disse, se fosse uscito vivo dallo scontro contro Margareth, sarebbe andato a far visita a loro, e poi glielo doveva: due lutti nello stesso giorno erano stati un durissimo colpo per la loro famiglia e un uomo che si dica tale sarebbe dovuto andare da loro, qualunque cosa fosse successa per farle allontanare dalla casa.
Si ricordò solo dopo che ad Isabel aveva donato una tiara… chissà se l’aveva mai indossata.
Nel frattempo osservava Kaden, Mary e Klose un po’ in difficoltà nel loro scontro contro i Plexigos, ma non dovevano assolutamente sapere che lui li stava seguendo. Dopotutto era la loro missione, la sua consisteva solo nel vegliare su Kaden e fargli aprire le Fontane. Tutto il resto, importava poco, e chissà se in quel difficile percorso avrebbe capito cosa significava davvero essere un buon Re.
Nel frattempo, il livello due della Torre della Fontana si aprì agli occhi di tutti, e si presentò perfettamente identico a quello precedente.
“Che cosa intendi fare, Caleb? Inseguirci per sempre?”
A un certo punto, la voce dell’arciere si levò potente nell’aula.
Kaden rimase paralizzato. “Come facevi a sapere che ci stava inseguendo? È qui, allora?”
Klose lo indicò, in quanto l’erede degli Hesenfield era visibile adesso, ormai scoperto. Dal canto suo, pensò con rammarico che Isaiah si sarebbe nascosto meglio.
Non sembrava affatto il tipo autoritario che aveva deportato loro, Mary e Taider nel Labirinto funesto. Anzi, sembrava più un ragazzo come tutti gli altri, e agghindato di un’armatura non per scelta.
“Che ti è successo?” chiese Kaden.
Caleb sospirò, scacciando quelle domeniche felici in cui lui e Isabel si dilettavano a scovare Isaiah, finendo per trovarlo nei punti più improbabili della Villa per poi cenare a base di pasta riscaldata in padella, fra quelle risa spensierate che chiamavano infanzia. “Ormai lo sapete, io diventerò Re. Lasciate che sia io a uccidere Margareth, mentre i miei uomini occupano la città. Questo è quello che deve fare un Re, questo è quello cui sono chiamato a fare. Reclamerò il trono che è stato di Isaac e che sarebbe dovuto essere di mio padre, prendendo la testa di quella donna. Consideratelo un gesto di scuse per la morte di Taider”
Nel sentire quel nome Mary trattenne il respiro, ma poi disse: “E perché non ci hai accompagnato subito, allora?”
Caleb rispose: “Credi che sia facile uccidere un’altra persona? Per di più, è la Regina, e ucciderla vorrebbe dire alzare la voce e reclamare il trono, azione che non sono per nulla pronto a fare. Inoltre, il sangue di mio fratello Jakob scorre ancora sulle mie mani, sai?”
Mary deglutì. Entrambi avevano l’anima spaccata a causa degli omicidi di cui si erano fatti carico e dunque non c’era bisogno di altre parole.
“E va bene” disse Klose. “Verrai con noi. Veglia su Kaden, deve aprire le Fontane”
Kaden ebbe un sudore freddo. Erano vicini, il momento della verità e il senso del viaggio erano giusto a qualche passo. Ma lui era davvero in grado di aprirle?
“Io… io ho bisogno di un po’ di coraggio. Non so se riuscirò ad aprire le Fontane e ho bisogno di sapere che fine hanno fatto i miei genitori” disse.
Mary sospirò. Conosceva ormai troppo bene Kaden per non riconoscere in lui i sintomi della tensione nervosa e l’ansia: era fermo come uno stoccafisso e sudava. “Caro mio, ascoltami bene. per cosa sono morti Shydra e John ?”
John? Kaden dedusse che si trattasse di Taider, ma nessuno l’aveva mai chiamato per nome. Per cosa erano morti?
“Perché… perché l’Australia potesse ritrovare la pace. Ti ringrazio, Mary. Adesso mi sento più consapevole”
“Lo spero” disse lei, provando una delle arti magiche con la protesi di legno e creando una specie di brezza che le lasciò ben sperare.
“Bene, bravi… che scena patetica” dichiarò la voce femminile appartenente alla regina Margareth, che aveva assistito al quadretto tramite la telecamera.
Tutti si spaventarono nel sentire così, di punto in bianco, una voce esterna, ma poi ascoltarono con trepidazione.
“Avete un’ora di tempo” disse in seguito, chiudendo tutte le possibilità di evasione. “Chi riesce a passare vivo al terzo livello oltrepassando le sbarre sarà il benvenuto, gli altri periranno soffocati dal gas”
Subito dopo aver concluso la frase, una coltre di fumo giallastro passò da un condotto posto sul soffitto.
“Quindi si tratta solo di non respirare il gas? Ottimo” Kaden si avventò sulle grate, ma urlò e si toccò la mano dolorante.
“Le grate sono caricate elettricamente! Fate attenzione!” sentenziò.
“Immagino che un’ora sia il tempo per il gas di agire” disse Caleb. “Dovremmo riuscire ad oltrepassare prima di questo tempo”
“Grazie tante, Lord dell’Ovvio” disse Kaden sarcastico. “Proverò a tagliere le sbarre con la lama Giustizia”
“Se permetti” ribatté il figlio di Abraham ”la mia spada, la mia cara Mezzanotte, è molto più potente della vecchia Olocausto. Quindi lascia provare me”
Kaden, in nome dell’amicizia appena avvenuta fra gli Hesenfield e chi non lo era, gli lasciò campo libero.
Il futuro Re prese una rincorsa e tagliò le sbarre, o meglio, così credeva.
Nel momento in cui la lama toccò le inferriate, infatti, si vide una piccola esplosione e il metallo andò in frantumi.
“Non è possibile… Mezzanotte era forgiata con la stessa lega di Ombra e Inverno, le spade dei miei fratelli! È inammissibile che abbia reagito alle scariche di questa trappola!”
Kaden tirò un sospiro di sollievo. Era una fortuna, si disse, che Caleb avesse avuto quella mania di protagonismo, almeno così lui non aveva più una spada, mentre lui sì.
Nel frattempo il tempo passava e i quattro rimasero a meditare.
“Ci vuole più tempo per pensare, con i limiti non riesco a riflettere bene!” esclamò Kaden. “Penso che la soluzione ce l’abbiamo davanti agli occhi, ma il tempo che scorre velocemente ci impedisce di vederla”
Klose sospirò. “Per di più, la paura di inalare il gas ci sta inibendo le vie respiratorie. Io riesco solo a vedere una soluzione”
“Quale?” chiese Kaden. Per tutta risposta, l’arciere si alzò e osservò bene il soffitto.
“Se ci fosse qualcosa che potesse tappare questo buco, riusciremmo a passare, credo” dichiarò, e con un balzo aiutato da una sedia che era posta in quella sala, riuscì per un pelo ad aggrapparsi alle sbarre del condotto.
“Non sembrano molto dure” dichiarò. “Proverò ad allargarle”
Kaden non aveva idea di cosa Klose stesse facendo, ma poco prima che l’arciere potesse fare altri movimenti, appeso com’era alle sbarre, Mary urlò.
“Fermo, Klose! Non farlo! Deve esserci un altro modo!”
Ma Klose sorrise.
“Ti amo, Mary” disse con un’espressione felice e serena, come Kaden non l’aveva mai visto. Dopo aver detto quelle parole, allargò le sbarre e si infilò nel buco dove usciva il gas.
Kaden e gli altri assistettero a una scena tremenda: dopo un tetro balletto accompagnato dalle urla disperate di Mary, le gambe di Klose smisero di fermarsi.
Era morto, dopo aver inalato tutto quel gas. Ma la buona notizia stava nel fatto che la sostanza non passava più, in quanto bloccata dal corpo dell’uomo.
A costo della sua vita, Klose l’arciere aveva in pratica permesso all’amata e a Kaden di avere tutto il tempo di passare, e forse era proprio quello che voleva la regina Margareth, che morisse qualcuno per vedersi ridurre il numero di nemici da affrontare.
Kaden, con la morte nel cuore e con l’aria di uno che aveva visto centinaia di sofferenze senza confidarle, raccolse arco e faretra da terra e guardò gli altri due.
“Non possiamo lasciarle qui” disse.
“O forse sì, a memoria imperitura di un uomo valoroso, che ha sacrificato se stesso per un bene superiore” dichiarò Caleb, con la voce spezzata. Quel gesto aveva colpito anche lui, chiedendosi se sarebbe stato capace di compierne uno simile.
Aveva davvero visto che cos’era un buon Re e quella rivelazione lo sconvolse, e tuttavia lo rese più determinato.
Mary, dopo essersi sfogata e in totale stato di shock, puntò il dito di legno verso Caleb e urlò con tutte le sue forze le seguenti parole, fissandolo sgranando il più possibile gli occhi rossi. “Adesso, se davvero affermi di essere nostro amico, dovrai accompagnarci ad aprire non solo la Fontana Kashna, ma anche la Fontana Chemchemi a Sidney! Solo allora ti redimerò dai peccati che hai verso di noi! Prima di allora ti odierò con tutto l’odio possibile!”
“Perlomeno è solo odio, non è gelida indifferenza” osservò Caleb.
“Ci hai portato in un luogo di morte, per due volte! Ne dovrai mangiare, pane duro, per conquistare la nostra fiducia! Stanno morendo tutti, Shydra non voleva questo!” insisté Mary, gettandosi in ginocchio a terra e sospirando, avendo esaurito le energie.
“Ricorda chi sei, Caleb Hesenfield. Figlio di un cognome bagnato di sangue. Non posso dimenticarlo, questo” aggiunse Kaden, non riuscendo a togliere i suoi occhi neri dal nero della morte rappresentato da quelle gambe immobili e incastrate nel tubo venefico.
Alla fine, con immenso sforzo e come uscito da una profonda fantasticheria, osservò Caleb e Mary, non riuscendo ad odiare l’un e provando immenso affetto per l’altra. Era rimasta solo lei ad accompagnarlo, fra quelli che avevano accettato per quel pericoloso compito a Perth. Quel pomeriggio sembrava tranquillo e luminoso… ma era stato più di mille anni prima.
“Le spade non funzionano, le frecce non servono… occorre la magia” sentenziò Caleb. “Tu sai come utilizzarla?”
“Taider, che tuo fratello ha ucciso, è arrivato ad insegnarmi a lanciare solo le bolle d’aria”
Caleb arricciò le labbra nel sentire cosa era riuscito a fare suo fratello. Ma allora aveva fatto bene ad eliminarlo? Essere un buon re prevedeva anche quello?
“Bene, in tal caso state a vedere” ordinò loro di spostarsi e stese la mano destra in direzione delle sbarre.
Rabbia, frustrazione, malinconia: ecco cosa stava attanagliando Caleb. E tutto era partito perché aveva guardato quegli occhi.
Lady Mary Fonheddig, una perfetta sconosciuta alla quale non avrebbe mai rivolto la parola. Eppure, non appena aveva saputo che suo padre stava per compiere un eccidio nella sua famiglia, Caleb si era sconvolto, arrivando a mettere dubbi persino sulla sua stessa esistenza.
E aveva condotto alla morte due anime innocenti, che stavano cercando solamente di risolvere a modo loro la crisi in Australia. E aveva lasciato che Klose morisse per la loro salvezza, inalando tutto quel gas.
Quante colpe doveva ancora lavare, per dire di tornare a essere quel bambino giocondo che amava le battaglie?
Quei grandi, amabili occhi azzurri… Mary Fonheddig, l’amante che non sarebbe mai stata.
E allora, qual era il motivo per cui stava salvando la sua famiglia? Come mai il sangue di Klose e di Jakob stava ancora pesando sul suo cuore?
Per amore, forse? Lo stesso amore che aveva dimostrato Klose nei loro confronti?
Si diceva che per primeggiare occorreva indossare il grembiule e cominciare a lavare i piedi al prossimo, gesto tipico dei servi. Forse Klose aveva adottato quella filosofia. Gente come lui non avrebbe mai giudicato nessuno, qualunque cosa facesse.
Ma Caleb non meritava pietà. Nessuno degli Hesenfield meritava pietà.
O forse sì?
Ad ogni modo, decise di lanciare una fiammata che né Kaden né Mary avrebbero dimenticato.
L’unica soluzione era combattere il fuoco col fuoco, e in effetti la fiammata prodotta dal ragazzo distrusse con un fragoroso boato la sbarra che li imprigionava e rivelava la porta in mogano che permetteva di salire al terzo livello.
“Secondo te quanti livelli ci sono?” chiese Kaden, infine rivolgendogli la parola.
“Tre, Margareth adora il tre” disse l’altro, osservando la donna seduta sul Trono.