“Oddio… come sono stanca” dico, commentando il mio sbadiglio. Per fortuna è proprio il momento di andare a letto, il mio momento preferito.
Do uno sguardo alla scollata carta da parati a pois neri e gialli, e mi chiedo quando ho autorizzato mio marito a metterla cosa avevo in testa. Mi piace sempre di meno, ecco.
Cerco di dormire, ma dopo mezz’ora, un’ora, un’ora mezza… niente, mi limito a rigirarmi fra le coperte. Per fortuna, mio marito ha il turno di notte, per cui non può lamentarsi come fa di solito quando mi agito, dicendomi che ha “il mal di mare”. Ma che posso farci. Peraltro, quando non riesco a dormire il cuore comincia a martellarmi furiosamente, come se aspettasse qualcosa.
Improvvisamente, mentre penso a tutte queste cose, la porta della camera cigola, aprendosi.
Non può essere Marco. È piena notte e lui torna alle sei, all’alba.
Mi tiro su le coperte, in un gesto istintivo. Sulla soglia compare una donna.
Fra tutte quelle conosco ce che ho incontrato, questa è la più pittoresca: piena di timore e apprensione, non riesco a non guardarla dettaglio per dettaglio, aiutata dalla lucina dell’abat-jour. È vestita di una tunica porpora, ma ciò che attira la mia attenzione è la maschera. Una maschera, proprio così, inespressiva, bianca come la mia pelle in questo momento.
“Si è svegliata mrs Keats, ci ha fatti preoccupare molto…” sussurra, veleggiando verso di me. Non sta camminando, effettivamente, sembra che voli sul pavimento. Ma che cosa sta succedendo? Mi limito a trattenere il respiro e a chiedermi chi accidenti sia mrs Keats!
Chissà che ha intenzione di fare, magari vuole uccidermi. Sto per urlare, ma una delle sue mani me lo impedisce. È fresca, vellutata, come se volesse rassicurarmi e non sventrarmi come un vitello.
“Non preoccupatevi” sussurra la donna mascherata. “So che può essere un trauma, ma sono qui per aiutarvi… per aiutarvi…”
Chissà come, ma sento le palpebre pesanti…
*
Quando riapro gli occhi sono quasi le quattro. Non c’è nessuno nella stanza, meglio così. Mi giro e caccio un urlo, stavolta davvero.
Quattro bambini! Due maschietti con una maschera nera e due femminucce con una maschera viola, per la precisione. Cambia il colore, ma la stessa espressione indefinibile rimane.
“Maestra, si sente meglio adesso?” chiede una delle bambine. Maestra? Che abbia a che fare con la mrs Keats di qualche ora fa? E poi perché non hanno mosso il minimo muscolo quando ho urlato?
Comincio a tremare e sento che mi sta salendo la febbre. Questi bambini inquietanti mi osservano da dietro la maschera inespressiva e non so che fare… voglio solo chiudere gli occhi di nuovo.
*
Quando li riapro, sono le quattro e mezza. Che nottata, di sicuro non la scorderò per i prossimi mesi. Inoltre, sento il letto matrimoniale un po’ affossato accanto a me. Certa che ancora Marco è lontano dal tornare, mi giro e vedo due ragazzini, diversi dai bambini di prima e soprattutto… senza maschera. Mi osservano e basta. Una ha le trecce dorate, l’altro ragazzo ha i capelli rasati a zero. Mi pare di conoscerli, ma al momento non mi sovviene niente. Che vogliano uccidermi?
“Vi prego… n-non fatemi del male” supplico loro. Ma loro non muovono un muscolo. In ogni caso, sento di stare per svenire…
*
“Tesoro” mi dice preoccupato Marco, vedendomi tutta imbacuccata e imperlata di sudore. Sono le sei passate ed è appena tornato, e mi ha svegliata coi suoi rumori. “Ma hai dormito stanotte? Che ti è successo? Sembra che tu abbia incontrato un dinosauro o che so io”
“Marco” gli dico io, sicura come non lo sono mai stata stanotte “Marco, mai più peperonata di sera. Mai più”