La Ropa Sucia/020

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Rosa poteva scegliere fra centoventi domande, una diversa dall’altra, che riguardavano il destino del nuovo arrivato, ciò che desiderava o se gli piacessero i treni.

Fra queste, Rosa scelse la domanda seguente: “Che cosa vuol dire 3MASG42?”

“Non lo so” rispose lui e, passandola davanti, si diresse verso il luogo della festa.

Ai suoi occhi, tutto sembrava inutile e costoso, soprattutto dopo quello che aveva passato. Il parco sembrava curato… avevano persino messo dei lampioncini per far vedere i sentieri nella notte.

Chiamali fessi! Lui invece…

Nel frattempo, sentì vaghi rumori di musica e festa. Chi stava danzando in un momento come quello? Non gli rimaneva che andare a vedere, piuttosto che andare in camera a dormire.

La piazzetta antistante la villa era piena di gente: c’erano i Sanchez, i Riquelme, gli Espimas e i Salcido e sopra una piattaforma dove un animatore stava scegliendo la musica da ballare, c’era lui, il buon vecchio nonno Alfio che, secondo lo striscione messo sopra la piattaforma, compiva cento anni.

Allora erano già giunti a quel periodo dell’anno? Tanto meglio, poteva anche togliersi la pesante cappa, visto che non era più inverno. E poi se lo sentiva, visto che era troppo strano quel caldo umido in inverno.

“Salve a tutti” disse ad alta voce, bloccando tutta la festa.

Tutti i convitati si voltarono a guardarlo.

“MATIAS?” urlò Jorge.

“Figlio mio…” gli fece eco el vejo.  Per la prima volta in tutta la serata, Alfio si distrasse dal pensiero di Ana Lucia e vide con le sue fosche pupille il figlio perduto.

“Tre anni” esordì Matìas. Era magro e sciupato, e una folta barba gli mascherava buona parte della faccia, nascondendo perlomeno le guance incavate.

“Tre anni sono passati dalla mia dipartita. Ebbene? Non avete niente da dire?”

“A parte che puzzi come una capra sgozzata, no” intervenne il signor Espimas, il più vicino al nuovo arrivato.

In quella, tornò sulla scena Pepa Gutierrez, che aveva appena lasciato il marito per andare a vivere nella topaia dove viveva il muratore di famiglia. Piena di valigie, sulle prime non fece caso a Matìas, poi la verità la investì in pieno.

“Matìas? Ma da quanto tempo sei qua?”

“Trentotto anni” rispose lui. “Se invece ti riferisci a quanto tempo sono di fronte a te, direi qualche secondo. Sono tornato, dagli abissi della morte, dopo tre anni. Adesso voglio riprendermi quello che mi spetta”

“Il dentifricio?” chiese Pepa.

“No, la villa giardino compreso” precisò Matìas.

“Ma… ma non è possibile! Tu sei morto! Morto, Matìas! La gente ti conosce come el muerto, addirittura! Non possiamo cambiare soprannome perché tu sei risuscitato!”

“Che lagna, Pipa” commentò disgustato Matìas. “Si vede che non sei un Gutierrez naturale”

Si udì un contemporaneo inspiro, fatto da tutti i presenti.

“È così, gente” proseguì el muerto. “Ora, non vuol dire che io sia morto solo perché mi hanno definito desaparecido. Si dà il caso che la dittatura è finita, e io sono sfuggito al volo della morte per un caso fortuito”

“Incredibile” commentò Alfio, felice come non mai, tanto che si mise a piangere.

E la lavatrice continuava a girare…

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