La Ropa Sucia/025

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“Non me lo sarei mai aspettato…” commentò Miguel, osservando la tazza di caffè ormai vuotata. “Avete una lavatrice”

“Esatto” disse Clara, molto seria. “E sai quanto me questo cosa significhi”

Miguel annuì, non c’era bisogno di dirlo ad alta voce.

“Tuttavia” riprese Miguel, molto deciso a non staccare gli occhi dagli occhi neri della ragazza “a parte questo, sei una bellissima ragazza e voglio corteggiarti finché non cederai”

Clara arrossì violentemente. Anche Miguel, quando collegava la lingua al cervello, era gradevole. Lei era single, quindi restava solo una cosa da fare e la fece: allungò la mano e prese sulla sua quella di Miguel, sorridendo.

Quello che i due non sapevano, o meglio, sapevano ma facevano finta di no, era che la piazza di Villa Nueva era colma, soprattutto la mattina presto in estate quando c’era il residuo della fresca brezza notturna, colma di anziani seduti sulle panche.

E stava di fatto che Villa Nueva era anche un paesino, e si sa che nei paesini si conoscono tutti.

Pertanto accadde che, se Clara e Miguel stavano tenendosi per mano guardandosi sorridendo, alcune vecchiette vestite di nero stavano osservando.

“Quella non è Clara Sanchez?” chiese una alle altre. Erano in quattro sedute in una panchina per due.

“Sì! E quello è Miguel Espinosa!” esclamò sorpresa l’altra.

“Espimas, capra ignorante!” La corresse la prima.

“Comunque, questa non era una cosa che doveva uscire fuori. Farà scandalo” osservò la terza. Tutte e tre decisero di non farne parola con nessuno, a parte le amiche.

Nel frattempo, Adele Sanchez era rimasta a letto, dopo i bagordi della notte precedente.

Pensava a José Riquelme, al suo fisico, alla sua bocca, e poi pensò anche che se a lui piaceva Catalina… beh, non poteva farci niente. D’altronde, a chi non piaceva Catalina Salcido?

Tuttavia, Adele pensò che forse lei poteva essere ancora in vantaggio. Insomma, ciò che era successo la sera prima non poteva non avere uno strascico, anche minimo. Così si alzò, compose il numero di telefono di casa Riquelme e attese.

Nello stesso istante, Ezequel e Sofia stavano parlando della sera precedente.

“Quante cose sono successe” stava dicendo il capofamiglia, prendendo una fetta di crostata fabbricata dai suoi cuochi. “E nostro figlio è stata anche infangato”

“Esatto” disse Sofia, prendendo una tazza di tè da accompagnare alla crostata di albicocca. “Quella stupida di Adele Sanchez. Tutta suo padre”

“Inoltre sono anche in bancarotta” disse lui. “Cosa spera di ottenere, un’alleanza con noi ricchi possidenti? Se lo può anche scordare”

Improvvisamente, accanto a loro squillò il telefono.

Sofia sbuffò. “Chi sarà mai? E perché il telefono squilla sempre quando non ci sono inservienti nei paraggi? Caro, dovremmo assumere un o una telefonista”

“Sono d’accordo, cara” convenne Ezequiel, prima di rispondere. “Qui casa Riquelme, chi parla?”

“Buongiorno, signor Riquelme. Sono Adele Sanchez. Suo figlio Pedro è in casa? Gli devo parlare”

Sofia, nel vedere il marito corrucciarsi, capì chi fosse al telefono e piegò il cucchiaino di plastica che aveva in mano per mescolare il tè.

“No, nostro figlio non è in casa. E saremmo lieti che né tu né qualche altro componente di voi pezzenti Sanchez non chiamaste mai più”

“Ah” rispose lei. “Allora sarete contenti di sapere che io e vostro figlio ci siamo appartati nel bagno dei Gutierrez e abbiamo compiuto azioni inenarrabili che metterebbero sotto scandalo vostro figlio, vero?”

Ezequiel sbiancò e smise di parlare, anche se la linea non era stata interrotta. Poi guardò Sofia, in cerca di aiuto, ma Sofia, non avendo sentito la discussione, era perplessa.

“Allora? Mi fate parlare con il bellissimo José?” insisté Adele.

“Smettila! A mai più rivederci!” rispose infuriato Ezequiel, chiudendo la cornetta. Poi si rivolse a Sofia.

“Dobbiamo punire nostro figlio”

Sofia annuì, approvando quella decisione. “So già come e in che modo…”

E la lavatrice continuava a girare.

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