La Ropa Sucia/100

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Una ventina di anni prima, Nicolàs Salcido era un ricco imprenditore molto rispettato nella sua comunità, tuttavia era famoso per il detto: “Se una cosa è venuta bene, potrebbe anche venire meglio”.

Era quindi molto nota la sua ambizione. Così come nell’economia, anche nell’amore aveva cercato una donna al par suo, e la trovò in Lucìa, lui che la scelse fra tante, e quello fu un matrimonio veramente festoso, perché fu l’unico caso in cui fu un matrimonio di vero amore.

Dal canto suo, Lucìa sapeva di essere superiore a tutte le sue coetanee di Villa Nueva. Proveniva da una lunga generazione di produttori di caffè e, con molti soldi in tasca, era sia bellissima che appetibile economicamente. Lei aveva scelto Nicolàs, non era lui che aveva posato gli occhi su di lei.

Dalla loro unione non poteva che nascere Catalina Salcido, da tutti riconosciuta come la ragazza più bella di Villa Nueva, con stuoli di corteggiatori fin dalla tenera età.

Catalina aveva ricevuto un’educazione di prim’ordine: aveva studiato nelle scuole private e alla fine aveva intrapreso la strada per diventare modella. Per i suoi genitori, lei era la versione argentina di Cindy Crawford, persino senza neo.

Per quel motivo, quell’assolato giorno della lunga estate 1984 stavano sorseggiando tè e commentando i disastri avvenuti a villa Sanchez; convinti com’erano che nessuna disgrazia potesse mai intaccare la loro famiglia, a parte ovviamente quel piccolo incidente del calendario.

“Madre! Padre!” annunciò trafelata Catalina, entrando di straforo nel salotto ricco di mobilia di casa sua.

“Dici, nostra Cindy Crawford del còrazon” disse la madre.

“Ho bisogno di sapere dov’è il puzzle” annunciò la ragazza, ancora fiatoni, mentre due della servitù le stavano asciugando il sudore.

Nel frattempo, Raquel Garcia era stata rapita dal suo stesso zio, che millantava un certo affidamento su di lei, e solo perché era lei che aveva trovato lo scrigno nascosto.

“… quindi vorrei che fosse chiaro che non ti ho rapita” spiegò alla fine lo zio, dopo tre quarti d’ora di monologo ininterrotto. “ma perché devi essere a conoscenza del contenuto dello scrigno”

Raquel, la quale ancora non capiva il motivo per cui era stata condotta in quel maniero così sperduto nella pianeggiante pampa argentina, chiedendosi cosa ne avrebbe fatto di quelle molteplici stanze, chiese: “Beh, ci sono un sacco di gioielli, no?”

“Certo che no” rispose lui. “O meglio, questa è la risposta che avrebbe dato tuo padre, mio fratello. Prova a svuotare lo scrigno dei gioielli in esso contenuti”

Raquel eseguì senza troppe remore e tantissime monete, collane e quant’altro caddero a terra.

“Adesso spingi uno dei quattro lati, si aprirà un cassetto”

Raquel deglutì. Arrivata al lato che stava sotto al coperchio, fuoriuscì un piccolo cassettino ben nascosto nella seta a fantasia floreale.

All’interno si trovava un pezzo di puzzle. Era totalmente nero, ma al centro si trovava quella che sembrava…

“… una stella…” sussurrò Raquel.

Romàn Garcia sospirò. “Ebbene sì” disse. “Sta a te scoprire a che serve”

In quello stesso istante, a casa Salcido c’era molta agitazione, quasi ansiosa. Soprattutto nell’archivio, in cui tutta la servitù stava mettendo a soqquadro ogni cosa, pur di trovare il vecchio puzzle da millesettecento pezzi.

“Trovato!” esclamò una serva piuttosto giovane. Il quadro era più grande di lei.

“Fammi vedere?” Catalina osservò il sistema solare che aveva realizzato tanti anni prima.

Il suo cuore perse un battito a causa della nostalgia, ma ne perse un altro perché esattamente al centro di questo mancava un tassello.

“Manca la stella polare… dov’è la stella polare?”

Catalina sgranò gli occhi, sconvolta e stupefatta da quella mancanza.

E la lavatrice continuava a girare…

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