La Ropa Sucia/160

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“Ebbene? Che notizie mi porti?”

Il Boss aveva di fronte Rebecca Jones.

“Beh” esordì la giornalista “Espimas e la Garcia si sono separati quasi ufficialmente perché Raquel aveva tradito Fernando col massaggiatore e lui ci ha provato con me con un aperitivo, ma non vedo perché questo debba essere utile al piano…”

“Tutto è utile al piano” tagliò corto lui. “Adesso ti voglio qui. La tua penna affilata risponderà ad Ana Lucia Sanchez in modo talmente… affilato, che la povera vecchia chiuderà la bocca per sempre, come se non avesse mai imparato a parlare”

Nessuno sapeva che cosa intendesse dire Ramòn, ma poi fu chiaro il giorno dopo, con l’edizione del corriere di Villa Nueva in bella vista sia al municipio che in tutte le mani dei paesani.

“M… maledizione” Rebecca era allibita.

“Visto?” chiese il Boss, che non sembrava turbato. “Adesso la vecchia può evitare di ripetere la stessa storia a tutti quelli che glielo chiedono, perché è qui, nero su bianco.”

“E gli Espimas sono coinvolti…” Rebecca era allibita. Poteva Fernando sapere di quella vecchia faida? E perché? E perché Fernando era mancino come il resto della sua famiglia?

“Va bene, Boss” disse infine. “Scirverò un articolo di risposta sul giornale”

“Peccato che non ci sia un giornale rivale a Villa Nueva” rispose l’uomo. “Sarebbe stato interessante quante e quali copie sarebbero state vendute, quale fra i due articoli avrebbe fatto più presa. Ma non importa,  noi colpiremo altrettanto duramente”

Nel frattempo che Rebecca Jones scriveva l’articolo sotto dettatura, Catalina Salcido stava prendendo da sola un cornetto, al bar della piazza.

Il problema della piazza di Villa Nueva, a parte il fatto di essere troppo piccola, si presentava nell’elevata quantità di persone che vi transitavano.

Fra questi, c’era el pipa, Jorge Gutierrez. Lo sapeva, aveva già visto la bellissima Catalina in atteggiamenti poco consoni con il suo figliastro, che si chiamava Alejandro o qualcosa del genere.

Così, decise di approcciarsi a lei, in modo da buttarla nel caos e magari evitare un matrimonio che sarebbe costato troppo.

“EHI, GENTE!” urlò a gran voce Jorge. “CATALINA SALCIDO FREQUENTA ALEJANDRO!”

Tutti si scambiarono occhiate furtive, e persino il barista per poco non ebbe a raccogliere una fresca limonata da terra.

“Chiedo scusa” borbottò Catalina “Ma Alejandro, chi è?”

Gutierrez sgranò gli occhi.

Nel frattempo, Alejandro, meglio noto come Roberto l’aitante runner, si mise a correre, allontanandosi dal paese, con in mano una strana lettera.

“Chiedo scusa”

Una voce bloccò la sua corsa. Era in aperta campagna, dove un’unica strada portava verso l’infinito. Per il resto campi e campi sterminati, intervallati da macchioline bianche che potevano essere pecore o mucche.

“Come mai hai una lettera?” chiese la strana figura in macchina che fermò Roberto. Quest’ultimo pensò quanto fosse strano che una macchina proprio lì, in mezzo al niente, avesse incontrato proprio lui.

“Ho una lettera” disse Roberto guardando lontano “perché devo consegnarla ai Salcido, che abitano fuori città. Catalina vuole la sua parte di eredità adesso e in liquidi”

“Oh” disse lo sconosciuto in macchina, prendendo pure un appunto. “Per farne che?”

“Vogliamo costruire un castello in risposta alla catapecchia del clan dei Neri. Nascerà il clan dei Bianchi, che riporterà l’ordine e la pulizia a Villa Nueva”

“Vi rendete conto, sì, che a Villa Nueva non ci sono nemmeno mille anime e sporcare le strade diventa automaticamente impossibile?”

Il tizio sgommò e gettando fuori una coltre di gas andò sparato verso il paesino.

Roberto non era sicuro di aver fatto bene a rivelare il piano a un tizio vestito di nero che peraltro ha pure preso appunti mentre parlava.

E la lavatrice continuava a girare…

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