Catalina aveva una libertà sessuale fuori dal comune, quello lo sapevano tutti. Il calendario che aveva fatto stava lì a testimoniarlo. Tuttavia, questo aspetto del suo carattere le si era appena rivoltato contro: come aveva potuto andare a letto con Romàn Garcia, dopo aver messo su il Clan dei Bianchi che si proponeva di combatterlo?
Tuttavia, era successo e, a ripensarci, poteva sfruttare la cosa a suo vantaggio.
“Così abbiamo fra le mani l’immenso patrimonio di casa Garcia… interessante” disse Rosa Sanchez, che era stata cresciuta fra gli Espimas. “Potremmo minacciarlo”
“Per poterlo fare” interloquì Roberto, l’aitante runner “dovrai iscriverti al Clan dei Bianchi. È perfettamente inutile che…”
“No, non mi interessa entrrare nel vostro Clan dei Bianchi. Vi vestite di bianco e il bianco non mi piace. Perciò, minaccerò personalmente Garcia con una lettera anonima. Farò parte del Clan di Rosa, la chica formosa”
Si alzò e fece per prendere la chiave, ma la mano smaltata di Catalina si posò per prima sull’oggetto.
Le due donen si guardarono in cagnesco e tanti anni di rivalità vennero fuori. Entrambe ripercorsero la loro vita in un veloce flashback, in quanto non sai erano mai potute sopportate, ma adesso che le loro strade si stavano incrociando quei veleni erano tornati fuori.
“Leva quella zampa dalla mia chiave. Non ti vergogni? Stai con un bastardo cresciuto nel pueblo”
Roberto ebbe un improvviso scatto d’ira. Si alzò e schiaffeggiò Rosa davanti a tutti. Un colpo secco, freddo, che lasciò la guancia della povera ragazza molto rossa.
Tutti si scandalizzarono. Rosa trattenne a stento le lacrime, ma alla fine cedette e pianse correndo via fuori da quella casa maledetta.
A Roberto prudeva ancora il palmo con cui l’aveva colpita. Sapeva che tutti lo stavano guardando e non riuscì a dire niente. Tuttavia, la chiave era rimasta sul tavolo.
“Hai picchiato una donna” disse Catalina. “L’hai fatto davanti a tutti, e l’hai fatta piangere. Qualunque siano state le tue motivazioni e quello che ha detto, la tua violenza non ha giustificazioni”
Detto quello, Catalina cadde come in catalessi, immersa nei propri pensieri fatti di shopping e moda, ma anche di spazio interiore che dava per scontato Roberto e il suo fascino.
“Come futuro Sindaco… in realtà sono presente… ok, come Sindaco non permetto a nessuno di alzare le mani a una donna” disse Francisco.
“Appunto Roberto, ti ho cresciuto così?” chiese Cecilia.
“Mi ha chiamato uno del pueblo come se fosse un male!” esclamò Roberto, cercando una via di fuga.
“Ma… essere del pueblo è un male, credevo fosse ovvio. Ti tollero a casa mia solo perché sei, o sei stato, il fidanzato di mia figlia” disse il signor Salcido. “Ma adesso che ti sei rivelato per il mostro tremendo che sei, credo che sia finalmente giunto il momento di farti internare, esattamente come io e mia moglie desideravamo. Sei pericoloso, nocivo per la società. Che sia sbattuto nelle segrete, e rimosso dal grado di Generale del Clan!”
Ogni villa aveva una segreta, e i Salcido non facevano eccezione.
Nel frattempo, Rosa si presentò al cospetto del loco, che ancora stava interrogando Ambrogio, con una guancia rossa e gli occhi lacrimanti.
“Ti ha per caso punto un calabrone?” chiese el loco.
“Loco” disse Rosa, con una volontà che traspariva da ogni fibra del suo corpèo. Sembrava stesse dichiarando guerra a una Nazione.
“Loco, dobbiamo dichiarare guerra a Roberto Mendosa”
E la lavatrice continuava a girare…