Rosa, la chica formosa, aveva sposato in Germania Ovest il suo tenero amante, chiamato el loco, ma che in realtà si chiamava Paulo Ramiro de la Rosa Gutierrez, il primogenito di quella casata, che vedeva in el pipa il capostipite. Rosa aveva anche un cognato, chiamato el tiburòn, e stava di fatto che, come un tuono, egli aveva fatto notare al loco che ewra mancato troppo tempo a Villa Nueva e aveva pèerso un sac co di episodi. Tuttavia, al loco non interessò minimamente e portò la moglie lontano dallo sguardo triste e malinconico del fratello borbottante.
Rosa dunque capì che probabilmente nel suo monologo el tiburòn aveva tirato fuori una domanda difficile di fisica quantistica e, dopo averlo salutato, si mise a seguire il marito.
“Hai litigato con tuo fratello” gli fece notare, mentre erano ancvora seguiti con lo sguardo da quell’uomo che parlaqva a voce bassa.
“Sì! Ci ho litigato! Ebbene? È quello che deve accadere!”
Rosa decise di non parlare più, anche perché avrebbe potuto piovere e quindi bagnare i bagagli.
Entrarono in un vicolo che Rosa non aveva mai visto, avendo vissuto fra gli agi. In quel vicolo, chiuso da un muretto, vivevano un paio di casette che si stendevano i panni a vicenda, creando così un effetto colorato, ma l’obiettivo del marito era un porticina appena prima del muretto.
Mentre Rosa si stava chiedendo come i bagagli sarebbero potuti entrare in quel buco, el loco aprì la porta e miuse i bagagli nel sottoscala, letteralmente in uno spazietto sotto la scala che portava al primo piano, poi disse “Andiamo” e la ragazza seguì il marito al primo piano, dove c’era un’altra porta.
El loco aprì la porta ma poi fece qualcosa di inaspettato: prese Rosa in braccio orizzontalmente tenendola per la schiena neanche fosse un vassoio di tè e, entrando in casa, la mise giù e la baciò.
“Ma… è bellissima!”
Ciò che vide la ragazza era una stanza vuota dotata di finestre che davano alla campagna, in quel momento un po’ scure, dovute alla sporcizia e al brutto tempo fuori.
Per il resto, era bianca.
“Staremo qui per un po’, quindi penso che servano un cucinino, i mobili e i materassi” disse el loco “Ma è l’unico posto che conosco dove non saremo disturbati oltre ogni ragionevole dubbio, mentre io faccio quello che devo fare”
“Cos’è che devi fare di preciso?” disse Rosa, incuriosita. Era proprio un rettangolo bianco dotato di finestre, nient’altro.
“Lo vedrai” disse lui, baciandola. “Lo vedrai”
El loco uscì dalla stanza e allora la moglie capì che avrebbe dovuto essere lei a salire i bagagli.
“Per i bagagli ci penserà Ambrogio” disse el loco, come leggendole nella mente.
Rosa, quindi, aveva la sensazione che c’era qualcosa di grosso in ballo e non vedeva l’ora di partecipare.
Durante l’assenza del marito, Rosa attese Ambrogio e cominciò a contare le mattonelle sotto di lei, misurare il perimetro e vedere le goccioline di pioggia che facevano a gara sulle finestre, insomma quello che si faceva quando non si aveva niente da fare.
Infine, arrivò Ambrogio. Sembrava un po’ corrucciato.
“Che c’è, Ambrogio?”
Il maggiordomo non era sicuro se comunicare il suo disagio oppure no, sapendo quello che era successo a Villa Riquelme e sapendo che cos’era quella casa e l’ingenuità del loco, da lui reputata molto grave.
Infine sorrise, dicendo. “Niente, stai tranquilla. Stai attenta solo per le notti”
Detto quello, non aggiunse altro, sistemando i bagagli evitando tutte le altre domande, mentre le lavatrici continuavano a girare…