Le statue strane

Sapete, essere una statua mi impedirebbe di parlare. E in effetti lo fa.

Però penso. E se penso, dunque sono e quindi posso commentare la mia vita da statua. Riproduco, nel mio cumulo di marmo, un grande condottiero a cavallo. E, come in tutte le statue che si rispettino, vengono da me i piccioni.

Grandi, grossi, piccoli, grigi, bianchi, a pois e radioattivi… vengono tutti. Certe volte lasciano un proprio ricordo, certe altre volte… pure.

“Guardate che se questo cavallo prendesse vita per voi piccioni non ci sarebbe il minimo scampo!” esclamo disperato. Troppe macchie verdognole, bianche, puzzolenti e solide da togliere.

Dopo averlo esclamato, mi rendo conto che nessuno mi ha sentito. Un piccione, tuttavia, mi guarda dritto negli occhi, dopo aver smesso un attimo di fare su e giù con la testa come se fosse a un concerto metal.

“Mi devo rivolgere a un’altra statua, che vicino a me riprendere uno statista vestito in maniera ottocentesca, con l’aria arcigna. Lo contatto telepaticamente.

“Allora? Come ti senti con i piccioni che ci scambiano per bagno?”

L’altra statua non rispose. Era come se avesse un cellulare con una famosa applicazione di messaggistica che faceva vedere le spuntine blu quando non si rispondeva volutamente.

“Maledetto! non vuoi parlare, eh? Allora userò la mia tecnica segreta, quella che si tramanda di marmo in statua, da scalpello a martello, anche quelli comprati nel bricolage…”

Fece una pausa, inframmezzata da una lieve brezza. Come si chiamava quella tecnica?

“Oh mio Michelangelo! Non ricordo più come si chiama quella tecnica, che serve a far parlare le statue!”

“La sai quella di…”

“Oh! Allora hai parlato!”

È vero. Il grande statista accanto a me mi ha rivolto la parola con la telepatia. Per fortuna ha deciso di non ignorarmi. Ed io che stavo per tirargli il martello sul ginocchio, come quella leggenda!

“Certamente” dice lui, come se non mi avesse fatto penare. “Voglio dire, quando una statua ha una spada in mano non si può ignorarla…”

Ha ragione. Ho una spada in mano.

E non ho paura di usarla.

 

 

Pubblicità