Eric e Patrick uscirono dalla casa di quest’ultimo solamente al crepuscolo, diretti nuovamente al porto.
“Quindi avremo anche una ragazza?” chiese il ragazzo, incuriosito dalla missione che Eric aveva accennato.
“Sì, al momento conto tre membri nella mia ciurma, ma ho assolutamente bisogno di un medico che ci curi le ferite e le febbri, ché in questa stagione imperversano” rispose sbrigativo il Cacciatore.
“Oh” rispose Patrick, pensieroso. Aveva gradualmente ripreso colore, aveva mangiato e si era lavato, e in poche ore aveva parlato molto e repentinamente. Sapeva di stare dando fastidio con quelle domande, ma sentiva in sé un certo entusiasmo che non riusciva a contenere. Era come se il suo pensiero riguardo la vita si fosse ribaltato e non era sicuro di saper gestire tutte quelle emozioni. Di sicuro, il discorso di Eric lo aveva scosso, soprattutto la parte in cui aveva raccontato di Jane e di come fosse caduta in mare.
Una parte di sé voleva credergli, ma c’erano ancora tanti dubbi che affollavano la sua mente. Dubbi che si traducevano dunque in domande, di qualunque tipo. Non appena il Cacciatore aveva menzionato le malattie, chiese “Che tipo di febbri? Sei sicuro di stare assumendo un medico eccellente?”
Eric sospirò. “Sì, stai tranquillo. Non avremo il meglio sul campo, purtroppo, poiché il Regio Dottore deve assistere Taddeus, tuttavia ne troveremo uno al par suo. La prima cosa da fare è spargere la voce, e chi ha bisogno di un medico più degli scapestrati che frequentano la locanda del porto?”
“In realtà” lo interruppe Patrick “se posso permettermi, io conosco un medico. Certo, ha praticamente la mia età e ha sempre fatto l’assistente, ma è molto talentuoso”
Il Cacciatore si fermò appena prima di entrare al porto. Il sole stava tramontando davanti a loro, colorando l’orizzonte di porpora. La lunga fila di barche oscillava placidamente e tutt’attorno le persone tornavano a casa per la sera. Solo in pochi si attardavano a mangiare qualcosa nelle locande. L’uomo distolse lo sguardo da quel paesaggio e guardò dritto negli occhi castano scuro di Patrick, che in quel momento sembrò imbarazzato.
“Portami a conoscerlo, dunque. Dobbiamo partire il prima possibile, anche perché nemmeno Blackfield sta perdendo tempo” disse il Cacciatore, guardandosi attorno e vedendo solo nemici. Nemici appoggiati ai muri intenti a fumare, gruppi di persone che cantavano ubriachi, altri nemici che invece urinavano verso il mare. Il porto di sera non era un bel posto.
Patrick percorse in una ventina di minuti tutto il porto seguendo la costa, fino ad arrivare in una piazzetta con al centro una statua bronzea dedicata a un Ravenwood vissuto nei secoli precedenti. Oltre la piazzetta, vi era un edificio in mattoni bianchi dove, sopra lo stipite della porta, era dipinto uno strano simbolo, che prevedeva una linea orizzontale a zigzag.
“È la Gilda dei Medici” spiegò Patrick, bussando tre volte e una quarta dopo qualche secondo. “Sono una specie di casta ristrettissima, ma non si può esercitare se non conosci il Presidente. Ognuno di loro ha dipinto quel simbolo, in modo che la gente sappia a chi si sta rivolgendo. Ciò non toglie che ci siano scavezzacollo che esercitano nei quartieri più bui, ma non sai con quanti organi, o arti, torni a casa, anche se devi curarti il mal di gola. Oh, salve, Nick!”
Il giovane chiamato Nick guardò Eric e Patrick come se avesse appena visto uno strano animale. “Lo studio è chiuso” disse, chiudendo la porta, ma Eric fu più veloce, bloccando l’uscio col piede.
“Dobbiamo catturare Steven Blackfield e ci occorre un medico nell’equipaggio. Vuoi venire con noi?”
Nick fissò il Cacciatore con timore reverenziale. Aveva assistito al suo discorso in piazza e allo sparo, e ricordava quanto avrebbe voluto curarlo lui, cucendo quella pelle celebre con le sue mani. Inoltre, aveva un tornaconto personale con Blackfield: durante la Battaglia dell’Aurora era morto proprio suo padre, che aveva dato il suo sangue per la causa del Re Ammiraglio.
“Sì. Certo che voglio venire” disse lui, sconvolto per averlo detto. Gli sembrò infatti che a parlare fosse stato un estraneo. Tuttavia, era pronto a partire, così, ignorando Patrick che stava dicendo “E meno male che lo studio era chiuso!” prese un foglio e una piuma e scrisse due righe per giustificarsi, probabilmente con il suo principale.
Dopo aver fatto questo, Nick chiuse la porta e fu pronto per partire. Non aveva altri effetti personali con sé, eccettuata una borsa di cuoio che forse non gli apparteneva. Patrick, a guardarlo, si sentiva in colpa, visto che il Cacciatore lo aveva trovato sdraiato nel suo stesso letto a versare tutte le sue lacrime per qualcosa che non desiderava far riemergere, non dopo la reazione sorprendente che stava avendo.
“Adesso siamo pronti per partire” disse soddisfatto Eric, il quale per la prima volta aveva avuto in squadra qualcuno pronto a lasciare tutto e seguirlo in quella missione suicida. “Andrò un’ultima volta dal Re, che mi avviserà quando la goletta sarà pronta, ma non ci vorrà molto… credo di essere stato molto chiaro e anche il Re ha una certa urgenza”
“Possiamo vedere la barca con cui partiremo?” chiese il medico. Eric guardò curioso Nick e condusse entrambi a vedere l’imbarcazione, che sembrava placida e senza operai al lavoro. In realtà il Cacciatore sapeva che gli uomini del Re ci avevano lavorato tutto il giorno, mentre lui aveva provato a convincere Patrick a uscire da quella specie di letargo.
“È stata rinforzata e dotata di piccoli cannoni, in modo da non appesantire troppo” spiegò lui, ponendosi di fronte alla prua. “Dobbiamo essere soprattutto leggeri e veloci, ma anche pronti a subire qualunque attacco. Oltre a curare le persone, sai anche ferirle, presumo”
“Sì” disse Nick. “Ho sempre una daga con me”
“Fai bene a portarla” rispose Eric. Notò che ormai era sera. L’indomani sarebbe partito. Avrebbe preso il mare per la prima volta da…
Non voleva pensarci, quindi si diresse dritto verso la locanda e chiese direttamente una bottiglia intera del liquore più forte che avevano, lasciando Nick e Patrick a sistemarsi sulla goletta come preferivano.
Era dunque solo in taverna a terminare, un bicchiere dopo l’altro, la bottiglia d’alcool che neanche aveva riconosciuto, tale era la fretta di ingerirlo. Purtroppo era l’unica cosa che combatteva i suoi incubi. Attorno a lui, c’era chi schiamazzava e cantava e faceva brindisi alle cose più assurde, liberi da ogni pensiero. Perché ad Eric bere non faceva quell’effetto?
Al sesto bicchiere, gli si sedette accanto una donna. La vedeva nascosta nel suo cappuccio dire al barista “Lo stesso che ha preso lui, grazie”
Eric si rese conto solo dopo che stesse parlando di lui.
“Serata da dimenticare, eh?” chiese borbottando, vagamente conscio di quello che stava dicendo.
“Oh, mai quanto la tua… sembri ridotto uno straccio” rispose lei, mentre aspettava.
“Non riesco a dormire… ho una missione importante da compiere e non posso parlarne con tutti” borbottò lui.
“Mi chiamo Alexa” rispose lei, prontamente. Abbassò il cappuccio e rivelò dei folti e castani capelli ricci e gli occhi marrone chiaro. “E anche io ho una missione da compiere, ma non posso parlarne con nessuno”
Eric la squadrò da capo e piedi e ridacchiò. “Be’, sei vestita totalmente di nero e sicuramente dentro il mantello avrai tre o quattro coltelli, devi andare ad ammazzare qualcuno e vuoi dimenticare l’atto annegandolo nell’alcool, presumo”
“Uno solo mi è sufficiente” lo corresse Alexa. “E tu? Cosa devi andare a fare?”
Eric non era sicuro se poteva fidarsi. Aveva ancora in mente quel ragazzo dagli occhi a mandorla che lo aveva pedinato. Forse anche lui voleva ucciderlo e non ci era riuscito. Dietro di loro c’era Blackfield.
“Devo andare a cercare il Nonmondo, ma il Re non mi crede” spiegò Eric, sperando che la donna non avesse assistito al suo discorso in piazza e che quindi quella messinscena reggesse.
Alexa, presa la sua bottiglia, versò un quantitativo generoso nel suo bicchiere e sorseggiò. “Be’, non mi sorprende. Stai cercando posti leggendari. Tu conosci davvero queste coste?”
“A dire il vero no, non sono mai stato in questa parte di mondo, e sì che ho viaggiato tanto” disse il Cacciatore. “Tuttavia, avevo sentito parlare del Nonmondo e la prima cosa che ho fatto è stata andare a Tutuk Naga, il porto più florido del mondo. Tuttavia, Re Taddeus non vuole finanziarmi. Sostiene che io stia delirando. Tu invece hai già sentito parlare di questo posto, non è vero?”
“Forse sì, forse no” rispose lei, dopo qualche minuto, sorseggiando ancora il suo liquore. “Come avrai notato dai tuoi viaggi, c’è qualcosa di peggio che Steven Blackfield e la sua ciurma. È un modo in cui non puoi fidarti di nessuno. Forse, inseguire le leggende rimane l’unica cosa più sensata da fare, ed è tutto dire”
Alexa mandò giù un intero bicchiere in un sorso, urlando poi per l’amaro che aveva lasciato in bocca. “Lascia perdere Blackfield, che, sottinteso, secondo me ha ragione. Se davvero i Ravenwood discendono da un traditore non meritano di regnare nemmeno sul loro porcile, pertanto questa nazione deve collassare su se stessa. Cerca il Nonmondo, e buon pro ti faccia”
Eric capì che la sua interlocutrice era una spia di Blackfield. In ogni caso, notò che cominciava a barcollare, evidentemente aveva solo deciso di bere qualcosa per tenergli testa, perdendo miseramente. Lui, invece, avrebbe lottato contro l’insonnia per il resto della nottata.
Il giorno dopo sarebbe arrivato il Re, che gli avrebbe comunicato le rotte commerciali della settimana successiva. Dopodiché, sarebbe partito alla ricerca di possibili covi fra gli anfratti delle coste. Non era sicuro che fosse la cosa giusta da fare, non era sicuro nemmeno che il giorno dopo ci fosse stato qualcuno disposto a seguirlo. Tuttavia, finì la bottiglia pensando a Jane e a quello che avrebbe detto se avesse saputo di una sfida come quella.
“Oh, per favore! Hai paura di due onde e di un tagliagole? Pensa a quello che hai fatto tu, piuttosto!”
Così avrebbe risposto, perché Jane era fatta così. Non approvava il mestiere che faceva lui, e i suoi nemici avevano di sicuro meno colpe di quello che sarebbe stato suo marito.
Era piena notte e la luna di metà maggio era calante, di modo che sembrasse gli sorridesse. Jane stessa sembrava sorridergli.
Il barista gli chiese se si sentisse bene, dopo quel suono, non capì più nulla.
Questo capitolo è la prova lampante che per trovare quello che cerchi devi solo conoscere le persone giuste!
E bravo il nostro Cacciatore, che ora ha tutto quello che gli serve per partire, ma ovviamente deve ancora fare i conti con il suo passato!
Mi spiace, ma leggendo il finale non ho potuto astenermi: this is so sad. Aexa play Despacito!
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Ma che schifo Despacito XD
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In nome del meme questo ed altro!
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