Attesa.

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“Ma se l’attesa dell’attesa fosse essa stessa l’attesa?”

Jeremy non poté credere ai propri occhi. Qualcuno gli aveva rubato la battuta. Si guardò attorno, ma a parte i suoi fidati colleghi non c’era nessuno.

Non c’era neanche il tempo di respirare, al call center. “Pronto?” chiese qualcuno.

“Vuole ascoltare la nostra offer…”

Jeremy sbuffò. Evidentemente no. Questo gli diede l’imput per poter trovare chi era che aveva detto quella frase. Che fosse stata Veronica, la tizia con cui aveva avuto un flirt durato un giorno, anzi tredici ore? Anzi, le due sole ore in cui erano usciti?

O era stato James, il suo vicino di posto, quello che prendeva sempre contratti? Jeremy non ne aveva idea, così tirò fuori dalla tasca davanti della giacca un piccolo gnomo.

Lo gnomo si chiamava Mostarelli e prese a ruttare.

“Gnomo” disse Jeremy “Vai e scopri chi è che ha detto la frase sull’attesa. Non riesco a concentrarmi altrimenti”

Lo gnomo, senza dire una parola, anche perché capiva soltanto l’aramaico antico, saltellò su e giù per tutta la sala, andando avanti e indietro in mezzo alle gambe delle persone che stavano forse lavorando, tutto il tempo al telefono.

A un certo punto incontrò una pecorella di polvere. Anche quella parlava l’aramaico antico, ma un dialetto diverso. Comunque noi tradurremo in italiano,m per fortuna conosciamo quest’ultima lingua.

“Che ci fai qui, o gnomo?” chiese la pecorella.

“Devo tosare le pecore” rispose Mostarelli. “O almeno, così mi hanno detto. Jeremy, il mio capo, non sa parlare molto bene e quindi fatico a comprenderlo.”

La pecorella, spaventata, cominciò a fuggire ma Mostarelli la colpì in pieno con un raggio laser. Si disintegrò all’istante, ma una gamba di un tavolo sibilò disgustato.

“Questi giovani di oggi…” borbottò. “Sempre dietro alle scene di violenza, io non”

Ma Moistarelli non capì e attese una traduzione che non arrivò mai.

 

 

 

 

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