Questo brano è liberamente ispirato al libro “Annegare” di Alessio Castiglione. Il tema trattato in quelle pagine non può rimanere taciuto e, nel mio piccolo, ho scritto questa breve storia su questo.
H come “Ho da dirti una cosa”.
Quando me lo dicesti la prima volta, pensai al peggio. Sai, quando vuoi chiudere e la prendi larga… per tutti quanti è sempre un campanello d’allarme.
Per un breve istante ho ripensato ai nostri mesi. Ci siamo incontrati in fiera, e per una cosa o per un’altra… non so come spiegarlo, ma penso che anche tu sappia di cosa stia parlando, no?
Abbiamo riso, abbiamo scherzato, abbiamo vissuto. Ci siamo aiutati a vicenda più volte, e poi abbiamo corso, abbiamo pianto, e poi siamo caduti entrambi sulla spiaggia, in pieno agosto. Non ricordo chi di noi due ce l’aveva col bagnasciuga.
Dividemmo un bacio che più un unito di così non poteva essere.
E divenne settembre. Ovvero, quel giorno.
Mi sedetti, e forse la preoccupazione mi si leggeva in volto. Leggevo nei tuoi occhi qualcosa che non avrei mai voluto accadesse. Ma perché…?
Poi, però, le tue labbra non hanno pronunciato precisamente quelle sillabe. Ne hanno pronunciate altre, peggiori, inaspettate, gelide.
Di quelle che sono capaci di trasformare i tuoi perché in altri perché, più freddi dell’inverno che prese a torturarci nelle settimane successive.
I di Inverno.
Inverno o Inferno. Decidi tu.
Te l’avevo pur detto di smetterla, che non sarebbe finita poi tanto bene. Ma tu mi avevi detto che ce la stavi facendo, che avresti smesso, che con me stavi progressivamente allontanandoti da quel mondo finto, bianco, fatto di qualcosa che non esisteva ma che trovavi irresistibile.
Ricordo che, sul tuo letto, mi misi le mani in faccia. Che cosa era successo… perché, soprattutto?
Alzammo la voce. Ti picchiai. Non avrei dovuto.
Me ne andai sbattendo la porta, ma non feci molta strada.
Piansi. Anche il cielo pianse. Ruppi l’ombrello.
Un tuono fortissimo mi rese sordo per alcuni secondi. Non seppi né cosa dire, né cosa fare. Ma non avevamo forse giurato vero amore? E il vero amore non prevede forse lo stare accanto in qualunque situazione?
La formula del matrimonio, seppur non ci credevamo, diceva “In salute e in malattia”.
La parola con la M.
Ce ne sarebbe stata un’altra, parola con la M? Non volevo neanche pensarci. Ricordo che in quel periodo nevicò, ma dentro di me c’erano solo fiamme, me ne accorsi una mattina mentre cercavo di guardarmi allo specchio.
Non vidi nessuno.
V di “Venticinque”.
Sappiamo tutti che l’erba voglio non cresce nemmeno nel giardino del re.
A Natale siamo tutti più buoni, no? Oddio, come sto diventando citazionista.
Decisi di bussare alla tua porta, anche se non ci eravamo più scritti, né visti, né sentiti. Anzi, era da un po’ che proprio non avevo tue notizie.
Vidi lampeggiare stanca una croce di quella delle farmacie. Quelle verdi, che per un po’ ti rende ipnotico.
Venticinque dicembre, recitava la scritta. Un grado soltanto.
Suonai un’altra volta. Si sa, il Natale si passa in famiglia. Sorrisi a me stesso. Dovrei fare il poeta.
Il vento mi penetrava nelle ossa, e sulle prime non feci caso ai sussurri nell’orecchio… prestai più attenzione alla voce del citofono.
“Sono io” dissi senza pensare, come avevo fatto altre volte, come avevo fatto sempre.
“Io chi?” mi chiese una voce che non era la tua.
“Senta, volevo soltanto sapere come sta…” cominciai, ma venni interrotto dal rumore sordo di un portone che si apriva.
Salii a piedi. Non c’era differenza fra il freddo fuori e la tromba delle scale.
Forse era anche peggio.
Trovai aperto.
Sentii qualcuno parlare di polmonite. Chissà che bel Natale…
Poi ti trovai sul letto, col tuo vestito migliore.
Ad occhi chiusi.
Che strano, mi dissi. Sorridi ancora, sorridi sempre, mentre fuori nevica. Questo mi dissi, e non riuscii più a dire nulla.