Eric non stava più nella pelle.
Steven Blackfield si era trovato in palese difficoltà, e se aveva sperato di togliere un prezioso ciondolo e appianare in questo modo ciò che aveva ricevuto, si era sbagliato.
“Trovo che questa esperienza nel Nonmondo sia molto più arricchente ed edificante di quanto ci aspettiamo” sussurrò. Frank invece non vedeva l’ora di andarsene.
“Invece credo che dovremmo risalire le scale e dimenticare tutto questo” disse lui. “Ci sono altri modi per catturare Blackfield, ad esempio sparargli alla schiena in questo preciso momento”
“Non dire stupidaggini” rispose Mary. Eric sgranò gli occhi.
“Che cosa ne guadagneremmo, noi, se uccidessimo Blackfield qui? Non è forse meglio batterlo sul campo, metterlo davanti ai suoi crimini e fare in modo che assaggi il sapore della sconfitta? È già la terza volta che continui a proporlo, mettiti l’anima in pace.”
Eric guardò Mary parlare e sentì, per un breve istante, che avrebbe potuto ascoltarla per tutta la vita.
Nel frattempo i tre tornarono a guardare il pirata, che non aveva ancora deciso il da farsi. La Giustizia, invece, lo osservava sempre con la stessa espressione. Eric si chiese e Steven si sentisse oppresso o malvoluto. Non erano occhi misericordiosi.
“E va bene” disse infine Steven Blackfield, mentre Eric pensava ancora alle parole di Mary, che avrebbe potuto dire lui, per quanto fossero state accurate. Che fosse colei che cercava?
Nel frattempo, il suo avversario andò verso Snejder e si inginocchiò ai suoi piedi.
“Ti chiedo scusa” disse, scatenando diverse reazioni sugli spettatori. “Non sono stato né leale né onesto nei tuoi confronti. Non posso certo pagare la tua perdita, poiché un arto è senza prezzo. Tuttavia tu, Josephine, Jack, la sorella di Josephine e gli altri… siete importantissimi pezzi di me, e a voi dono il mio cuore”
Detto quello, si mise gattoni e cominciò a piangere. Josephine si sentì umiliata perché lui non ricordava il nome della sorella, ma non riusciva comunque a odiarlo. Avrebbe dato la vita per lui. Snejder, dal canto suo, cedette al pianto dopo qualche minuto.
“Avanzi, alzati, figlio di puttana!” disse, così Blackfield si alzò e i due si abbracciarono. Magicamente, i piatti della bilancia si appianarono.
“Molto bene” disse la Giustizia. “Ti sei finalmente aperto con i tuoi sottoposti. Ricordati sempre che ciò che hai avuto lo restituirai il giorno della tua morte, pertanto le tue scelte determineranno il tuo giudizio finale davanti al tribunale divino”
“Sì, certo, Giustizia” disse lui.
“E con te ho finito” riprese la donna. “Adesso devo chiedere un favore a Eric Van Jeger, che alcuni chiamano il Cacciatore”
Eric non se l’aspettava, ebbe un sobbalzo. Che cosa voleva? Avrebbe anche lui dovuto rinunciare a qualcosa durante la prova della bilancia? E che cosa avrebbe dovuto dare?
Vedere il piatto del dare sollevato anche per lui lo avrebbe gettato nello sconforto totale, perché si considerava in credito con la vita. Tuttavia, quando si avvicinò, la Giustizia non stese la mano sul quel temibile oggetto.
“Ti affido Sigfrido e Desdemona” annunciò con un particolare tono di voce. Era strano, Eric credé di sentire la sua voce ovattata, come se parlasse da dentro un bicchiere. Ne dedusse che poteva sentirla solo lui. “Sono figli di una famiglia del neo costituito Regno di Arken, nell’Est, ma i loro genitori sono morti di peste proprio qualche settimana fa. Conoscevano il Nonmondo e la sua leggenda. I due gemelli sono convinti di essere stati risucchiati, ma in realtà sono stati proprio quei due genitori ad affidarli a noi, per evitare che si ammalassero. Ebbene, una volta giunti qui al Secondo Livello mi è stato rivelato tutto. Questi due ragazzi hanno bisogno delle tue cure, Cacciatore, e di nessun altro. Te li affido, saprai cosa farne”
La Giustizia finì il suo monologo e il suo tono tornò consueto. “Vorrai tenerli con te e far apprendere loro l’arte della navigazione?”
Eric non ne era sicuro. Si sentiva curioso ed affascinato, ma anche un senso di nostalgia si appropriò della sua anima. Aveva parlato di figli con Jane, figli che avrebbero avuto i suoi occhi. Sigfrido e Desdemona avevano più o meno l’età che era passata da quando…
“Dite un po’” esordì, rivolto ai ragazzi. “Volete apprendere l’arte della navigazione? Frank e Mary sapranno come aiutarvi. Vi prenderò nella mia ciurma, anche se la vita di mare non è adatta a ragazzi come voi”
“Non importa, saremo felici di seguirvi! Noi amiamo il mare!” disse Desdemona, con l’innocenza tipica dei ragazzini. Detto quello, la Giustizia li liberò della corda.
”Forse avremmo dovuto insistere per portarli con noi” sussurrò Josephine. “Ho un brutto presentimento”
“Non importa” disse Blackfield. “Niente bambini sulle navi, danno fastidio e strillano. Non vorrai far vedere a un bambino le cose che capitano su una nave. Spero?”
“Ha ragione lui” disse Snejder. Voleva concedere un’altra possibilità all’amico di sempre, così mise a tacere una parte della sua testa che lo consigliava di mettersi in guardia dalle sue bugie.
“Dove si trova il Terzo Livello?” chiese Steven.
“Avremmo dovuto chiederlo anche alla Prudenza, invece di girare a vuoto” sussurrò Hiroshi.
La Giustizia ridacchiò e indicò una porta dietro di lei, che sicuramente prima non c’era.
“Si scende ancora…” Patrick deglutì.
“E dai, cosa può mai capitarci?” Nick era curiosissimo di conoscere chi avrebbero incontrato al Terzo Livello. Il Nonmondo lo stava affascinando, inoltre si sentiva molto più sicuro coi ferri da medico, dopo aver compiuto quello che considerava un capolavoro, aver amputato il braccio del vice capitano della Black Sheep, quando neanche il Re Ammiraglio in persona c’era riuscito. L’operazione era ben riuscita, ma forse come persona aveva perso qualcosa? Nick fece finta di non sentire la sua coscienza e continuò a sorridere.
Il primo a uscire dalla sala fu Chang, seguito da Lin e Hiroshi. Ancora una volta, fu una scala in discesa ad accoglierli, stavolta illuminata da torce dalla fiamma blu.
“Ma se adesso stiamo scendendo” esordì Patrick, che ancora una volta apriva la bocca e Blackfield stava trovandolo insopportabile “Poi, dopo, ci toccherà risalire tutti quei gradini?”
“No, è impossibile” disse Mary. “Non sono disposta a salire per tutto quel tempo. Piuttosto rimango nel Nonmondo ad assassinare i Vampiri”
“Ti sono rimasti impressi, eh?” chiese Nick.
“Sì…” disse lei. “Al Primo Livello hanno lottato alla pari con i Mannari, e chissà se fossero nel nostro mondo che combinerebbero”
“Non voglio neanche pensarci” disse Patrick, in un tono che non ammetteva repliche.
Così, scesero uno dietro l’altro, fino ad arrivare qualche ora dopo davanti a un’altra porta, che Lin aprì con un calcio.
“Siamo ospiti nel Nonmondo” osservò Chang. “Non dovresti…”
“Silenzio” disse Lin. “Siamo qui per un motivo preciso, non certo per visitare”
Il luogo che videro era molto buio, e non si sentiva alcun suono se non quello di una cicala che cantava lenta una melodia triste.
Sembrava non ci fosse nemmeno la luna, o le stelle, come gli altri livelli. Inoltre, il prato era cosparso di tombe. Una dietro l’altra, a forma di croce, si estendevano per tutta la vista d’occhio.
“È il mondo dei morti” disse frettolosamente Sigfrido.
Eric ebbe un sobbalzo. E se il ragazzino stesse dicendo la verità?
“Te… te ne ha parlato la Giustizia?” chiese.
“No” rispose lui. “Ma guarda le tombe. È pieno di morti, no?”
“Restate uniti” consigliò Eric, osservando Blackfield. Chissà che morti doveva piangere, lui?
Decise di chiederglielo senza troppa delicatezza.
“Ehi, Blackfield! Non sono forse tutti i morti della Battaglia dell’Aurora? Non dirmi che dovrai chiedere scusa a tutte queste tombe!”
Ma il pirata non lo stava ascoltando, era ormai lontano e non faceva altro che osservare, aiutato dalle fioche luci azzurrine delle torce disseminate per l’area, tutte le tombe. Era seguito dai suoi fedelissimi, mentre cercava di capire che cosa significava quel nuovo paesaggio e quale sarebbe stata la prova.
A un certo punto, mentre camminava sfiorando le lastre di marmo, si sentì toccato da una brezza fredda, sulla spalla destra.
“Avete sentito anche voi?” chiese, mal celando un po’ di terrore.
“No…” disse Snejder, che però con lo sguardo risultava totalmente assente.
Nel frattempo, Eric osservava tutti i nomi e le date di nascita e di morte.
“Ce ne sono veramente di tantissimi tipi” disse lui, affascinato da una lastra in particolare, che secondo la dicitura era morta… dieci anni prima. Si mise rannicchiato, in modo da osservare meglio il ritratto che era incastonato sopra quelle date.
Deglutì.
“Sei qui… finalmente”
La voce gli era penetrata all’interno dell’orecchio e sentì un brivido freddo in tutto il corpo, fin nelle ossa.
La lastra si aprì. La tomba era vuota.
“Mi vuoi raggiungere, vero?” chiese la voce. Ad Eric era fin troppo nota.
Si guardò attorno. Non c’era più nessuno, ciascuno si era allontanato. Si rese conto che il suo battito era aumentato.
“Devo dire che sei stato… ammirevole, nel cercare di salvarmi. Eppure sono caduta.”
Eric sentì una gran voglia di piangere. Sentì anche dei brividi gelidi sulle spalle, come se qualcuno dalle mani gelate le stesse accarezzando.
“Sai che sarò con te sempre, nella gioia e nel dolore, no? Ce lo siamo detti… dieci anni fa” sussurrò la donna, che Eric non riusciva a nominare.
“Credevo che i fantasmi non esistessero” disse con voce spezzata Eric, poggiando la testa sul marmo.
“Siamo nel Nonmondo, qui. Sapevo che saresti venuto, era perfettamente da te, con la tua curiosità, la scienza, e le capacità” osservò Jane, continuando ad accarezzarlo. Il Cacciatore sentì una colata fredda sulla guancia. Forse l’aveva baciato.
“Ti piace Mary, non è vero?” chiese Jane.
Gli piaceva? In realtà non sapeva definire bene la simpatia che provava per lei.
“Non sentirti in colpa per me” sussurrò sua moglie. “Non è colpa tua se sono caduta, quel giorno. Hai fatto tutto il possibile, come dicevo sei stato ammirevole”
“Avrei voluto essere io…” Eric aveva una paura tremenda di vedere Jane sottoforma di fantasma.
“Lo so…” rispose lei.
“Non avresti dovuto morire…” Ripeté ancora, battendo un pugno sul prato nero.
“Adesso sono felice.” Lo rassicurò lei, baciandolo ancora.
“Vorrei non provare quelle cose per Mary…” ammise infine.
“È del tutto normale.” Osservò Jane. “Anche io, in un certo senso, adesso amo un altro. Amo il Dio dell’Amore, che ci ha accolto tutti nel suo pacifico regno, e non ho più nessun pensiero”
Piombò un silenzio irreale, rotto solo dal frinire senza fine della cicala.
“Adesso va’. Uccidi Steven Blackfield. È un uomo egocentrico, e merita di essere punito. Lui non ama, né Josephine, né Snejder. Forse ha una venerazione per se stesso, ma ciò lo porterà alla rovina”
Jane aveva ragione. Eric si alzò, e finalmente guardò negli occhi sua moglie, che sotto forma di spirito incolore aveva tuttavia conservato la sua bellezza. Soprattutto, era asciutta e raggiante, rispetto all’ultima volta che l’aveva vista.
“Avrai sempre un posto nel mio cuore” si dissero entrambi all’unisono, e, con un ultimo schiocco sulle labbra, lei sparì, lasciando solo ghiacciare la bocca di Eric.