Mary non riuscì a dormire, così rimase sul ponte a vedere l’alba, rannicchiata sul muro del castello di prua, le braccia che cingevano le gambe.
Aveva baciato un uomo diverso da Eric. In fondo, si disse, che cosa provava realmente per lui? Non era forse meglio avere una relazione con Ted, l’affascinante esperto di chitarra?
E ancora, che cosa garantiva a lei e a tutti gli altri membri di quell’equipaggio la sopravvivenza dopo la battaglia contro Steven Blackfield? Non dovevano forse morire tutti? E pertanto, che problema c’era se andava in giro a baciare chicchessia?
Mary alzò gli occhi al cielo. I gabbiani cantavano un loro inno all’aurora. Avrebbe voluto essere in mezzo a loro, libera da tutti i pensieri che le stavano danneggiando l’anima.
Pensò anche che era l’unica donna in mezzo a tanti uomini. Sin dall’inizio si era lamentata per il fatto che la guardavano, desiderandola. Alcuni l’avevano anche palpata, fino al momento in cui se n’era lamentata col Cacciatore. Adesso che uno di loro si era fatto avanti permettendosi di baciarla, si era confusa.
Non poteva negare a se stessa che le era piaciuto, per un attimo, poi sovrapposto dal disgusto e dal disprezzo di se stessa.
Non sapeva cosa pensare. Forse era meglio concentrarsi sul vero obiettivo comune. L’idea che Blackfield potesse vincere quella battaglia a causa di quella confusione interna non doveva sfiorare nessuno.
Nel frattempo che il mattino avanzava, i marinai cominciavano ad alzarsi e persino Eric venne fuori dalla sua cabina a guardare il profilo della città di Azugra, a lui sconosciuta.
“Dovremmo andare al cantiere navale” stava dicendo a Patrick. “Sarai tu a condurre la trattativa, io sono solo il Cacciatore. Cerca di non emozionarti e…”
“Sì, lo so” disse Patrick, un po’ seccato. “Sto lentamente migliorando d’animo, ti posso assicurare che penso di essere più sicuro delle mie forze. Dopo il Nonmondo e tutto, non credo più di essere inutile”
“Ne sono lieto” rispose laconico Eric, poi presero a scendere dalla barca, diretti probabilmente al cantiere. Mary, che era proprio dietro di loro, rannicchiata in quel modo non poteva essere vista, tuttavia le parve l’impressione che il Cacciatore l’avesse vista con la coda dell’occhio, senza dire nulla.
Era vero che lo stava evitando da quella sera. Ma non capiva che aveva paura? Inoltre, si era appena aggiunto un nuovo problema. Sarebbero mai tornati a parlare?
Qualche minuto dopo la partenza di Eric, arrivò sul ponte Desdemona.
Quei due ragazzi erano ancora un mistero per lei: sapevano praticare la magia e alternavano momenti infantili a momenti da adulti vissuti. Era proprio così la gente dell’Est? E qual era il vero motivo, se c’era un davvero un altro motivo, per cui si trovavano nel Nonmondo, al secondo livello?
“Ciao, Mary!” esordì la ragazzina, avvicinandosi. “Oggi niente lezione?”
“Certo che sì, come ti viene in mente?” rispose Mary, che non avrebbe rinunciato alle lezioni di navigazione per niente al mondo. Delle volte, le pareva che stesse imparando più lei che i due fratelli.
“E allora perché ti trovi in questo modo, rimanendo sola e triste?”
Mary arricciò le labbra. Perché si trovava sola e triste? Le questioni di cuore avevano così tanto potere su di lei?
“Tu hai mai avuto un fidanzatino?” chiese d’un tratto. Non era sicura del motivo per cui lo stava chiedendo.
Desdemona rispose mentre rifletteva “Oh, non direi. Voglio dire, con Jamal uscivamo, ma…”
Mary la interruppe “Ebbene, se invece un ragazzino diverso da Jamal provasse a baciarti, come reagiresti?”
“Avrebbe mozzata la lingua prima di subito”
Desdemona l’aveva detto come se stesse andando a comprare le pere al mercato. Tuttavia, parafrasando quella frase, Mary convenne che aveva ragione. Lei era certa dei sentimenti che provava per il Cacciatore, e il bacio con Ted, seppur fosse stato gratificante, era stato dettato dall’euforia della serata e dalle conturbanti melodie della chitarra, che a quel che pareva erano capaci di irretire i sensi.
Pertanto, decise di mozzare la lingua a Ted, anche se metaforicamente, e sorrise alla ragazzina, ringraziandola. Dopodiché, scese giù nel porto, diretta ai cantieri navali.
Azugra era una bella città, i palazzi che si potevano vedere oltre il porto erano molto caratteristici: erano tondi e ciascuno dotato di un comignolo. Sullo sfondo, c’era un campanile, che probabilmente rintoccava le ore del giorno.
Il porto cominciava lentamente a svegliarsi, e il cantiere aveva già iniziato con i suoi rumori. Appena fuori dall’edificio, che era intento a costruire lo scheletro di quello che sembrava un vascello, c’erano tre persone che parlavano intensamente fra loro. Due di loro erano Eric e Patrick, il terzo presumibilmente era il capo cantiere.
“Cinquemila scellini sono un’enormità per quello che dobbiamo fare noi, suvvia!”
Una voce che sembrava quella di Patrick esordì senza preavviso alle sue spalle, quando il ragazzo si trovava davanti a lei. Mary si girò, preoccupata, e trovò Desdemona che come al solito aveva lo sguardo spiritato di chi fosse totalmente estraneo alla realtà e invece stesse viaggiando con la fantasia. La ragazza ne dedusse che stesse origliando il dialogo con il capo cantiere, riuscendo a imitare perfettamente tutte le voci in questione.
“È il prezzo minimo per questo genere di ricambi” stava dicendo il capo cantiere. “Inoltre, non sappiamo nemmeno di cosa soffra la vostra goletta, quindi cinquemila mi sembra davvero un prezzo irrisorio”
“Abbiamo molta fretta, quindi penseremo noi a riparare la nostra imbarcazione” disse Eric. “Quanto tempo pensate che ci vorrà?”
“In base a quello che mi avete accennato, direi due settimane” rispose il capo cantiere, con una certa sicurezza.
“Per gli Dei” commentò Patrick, con una certa stizza. “Il pirata potrebbe uccidere tantissime persone in navigazione, in questo lasso di tempo”
“Lo so” convenne Eric. “Ma torno a dire che cinquemila scellini, in base alla vostra valuta, è un furto”
“Nessuno vuole spendere, signore mio. Voi potreste essere anche il famoso Cacciatore, ma tutto ha un prezzo. Ed è inutile che inviate qui da me questo commerciante per trattare sul prezzo, io non mi muovo”
Dopo quelle parole che sembravano dure, a giudicare dal tono di voce utilizzato da Desdemona, seguì una pausa dove nessuno disse nulla. Probabilmente i tre si stavano guardando in cagnesco.
“E spostati, ragazzina!”
Un pescatore di ritorno dal mare l’aveva appena spinta e fatta cadere, così Mary perse l’inizio di un nuovo dialogo.
“… guerra civile” concluse il capo cantiere.
Mary ebbe un nodo allo stomaco. Guerra civile… poteva essere collegata solo a una notizia.
Taddeus aveva abdicato e la guerra, fatta partire dalle parole di Steven Blackfield dopo la Battaglia dell’Aurora, era giunta alle porte della capitale, arrivando a farlo capitolare.
Oppure Taddeus Ravenwood, seppur giudicato pauroso, era ancora sul trono e aveva radunato e scatenato la fanteria contro i rivoluzionari, mettendo a ferro e fuoco Tukha stessa, rendendola invivibile.
Qualunque fosse la situazione, era giunta persino alle orecchie di Azugra, quindi era grave, quindi anche suo padre non se la stava passando molto bene.
E se fosse stato chiamato alle armi, quale fazione avrebbe servito?
Proprio in quel momento, dalla città arrivarono alcuni gendarmi a cavallo, che scortavano una donna che col suo destriero bianco si distingueva dagli altri marroni.
“Bartholomew!” esclamò la donna a piena voce.
Il capo cantiere, mentre litigava con Patrick sulla trattativa, ormai scesa a quattromila scellini, scattò immediatamente sull’attenti.
“Mia signora!” disse, nervosissimo. Mary non ebbe bisogno di sentirlo da Desdemona, Bartholomew lo aveva urlato a tutto il porto.
“Con chi stai parlamentando?” chiese la signora.
“Lady Amelia, sono al cospetto del Cacciatore e dell’uomo chiamato Patrick. Hanno bisogno di fasciame e nuove tele per la loro goletta, e ho chiesto loro cinquemila scellini”
Lady Amelia sgranò gli occhi perplessa, dopodiché scese da cavallo e andò in direzione di Eric.
“Vogliate scusare l’ignoranza di questo falegname” disse melliflua, inchinandosi. “Ovviamente non conosce la vostra identità e non avete mostrato, forse, la bandiera che battete. Insomma c’è stato un malinteso che sono qui per spiegare”
Sigfrido prese la voce della donna e la fece sua, così replicò le stesse parole che uscirono dalla sua bocca.
“Io sono Lady Amelia Ravenwood, parente di Re Taddeus, membro del ramo cadetto della famiglia. Ho sposato un uomo di Azugra, vecchio signore di queste lande, e alla sua morte, dacché non siamo riusciti ad avere figli, ne ho preso il posto. Ebbene, sin dalle prime luci dell’alba ho notato che il nostro porto ospitava una goletta battente il vessillo di Tutuk Naga, terra dei miei padri. Sono dunque scesa per vedere, e mi trovo al cospetto del famoso Cacciatore, il quale ha aiutato il fratello del mio povero marito, Granduca della regione di Xameforth, a scoprire l’assassinio del suo consigliere. È venuto fuori che era in atto una congiura ai danni di mio cognato e dunque ha messo tutti a morte, compresa sua moglie, ma d’altra parte il Cacciatore è sempre dalla parte della giustizia. Pertanto siamo a lui debitori e vengo a porgergli i miei omaggi”
“Oh, non… lo sapevo” bofonchiò Bartholomew, vedendo la sua signora inginocchiarsi davanti a un uomo così celebre.
“E nemmeno io” disse Eric, che non ricordava nemmeno più che periodo di tempo fosse trascorso da quei giorni passati a Xameforth. Sapeva solamente che aveva impiegato un mese circa a venire a capo della questione e nel frattempo era sempre stato servito e riverito, tranne da coloro i quali volevano mandarlo via.
“Ho dunque l’occasione di ripagare il favore che hai fatto alla mia famiglia” disse Amelia, allargando le braccia. “Cosa ti occorre?”
“Sono stato assunto dal tuo parente, Re Taddeus, per dare la caccia a Steven Blackfield. Ho anche chiarito dove si trova il suo covo, ma mi occorre riparare la goletta se voglio giungere in quel luogo sano e salvo” disse in sintesi Eric, omettendo tutto ciò che era costato e i magheggi che aveva attualmente con i pirati stessi di Blackfield.
“Non c’è problema” rispose Amelia sorridente. “Avrete tutto ciò che chiedete. Vediamo la nave!”
Tutti insieme, dunque anche Mary e Desdemona che non ebbe più bisogno di imitare le voci e spiare ciò che dicevano, si diressero verso la White Justice, che, a guardare meglio, era davvero molto malconcia. Il fasciame esterno era bucato e crepato in più punti, e le vele presentavano bruciature più o meno vistose.
“Ha bisogno di una buona revisione” disse il capocantiere. “Due o tre settimane basteranno”
“Questo lavoro ha la massima priorità” comandò lady Amelia. “Conosco molto bene Steven Blackfield e il modo brutale in cui ha ucciso Re Sebastian e suo figlio durante la Battaglia dell’Aurora. Inoltre, sono sei anni che ha piazzato un suo burattino proprio a Ticat, la principale delle Sette Sorelle, minacciando con la sua sola presenza i nostri territori e quelli degli altri. Ho tutti i motivi per vederlo messo a morte”
“E lo sarà” concordò Eric.
“Nel frattempo, sarete miei ospiti a palazzo, dove vi aggiornerò sullo stato di salute di Tutuk Naga. Mi sono arrivate notizie molto preoccupanti”
A Mary mancò un battito.