La leggenda dei tre compagni e del figlio della luna/06

la leggenda dei tre compagni e del figlio della luna

Gerald e Mond cavalcarono assieme fuori dal valico di Senerbez, nel tentativo di raggiungere Thomas e sir Edward.

Oltre il villaggio si trovava un ampio lago, il quale occupava molto del campo visivo del ragazzo.

Aveva smesso di piovere e si sentiva al sicuro davanti al busto del suo salvatore. Il corpo senza vita del cavaliere, tuttavia, non lo avrebbe dimenticato facilmente.

Più ci pensava più un senso di nausea lo coglieva di sorpresa. Non aveva mai visto nessuno morire. A forza di sentirne parlare pensava di poter reggere la vista dei cadaveri, così tanto bene narrati nelle storie lunari, ma vederlo davvero aveva tutto un altro sapore; una sensazione di panico e angoscia che era cominciata sin dal momento in cui Gerald ebbe preso con la sua possente mano il collo di quel cavaliere, che cadde come un burattino dopo qualche minuto.

“Immagino che tu non abbia mai visto un lago” esordì Gerald, parlando per la prima volta dopo quei fatti. Era incredibile che da quell’uomo uscissero, parimenti, ira e affetto. Mond ne fu sconvolto. “Ebbene, eccone uno”

Il figlio della Luna ne divenne affascinato. Sembrava un enorme specchio d’acqua che giocava con le nuvole che, dopo l’acquazzone, cominciavano a diradarsi, lasciando spazio a timidi raggi solari. Metri e metri d’acqua, che arrivava fino all’orizzonte, dove, se aguzzava la vista, poteva vedere un vago ritratto di quelle che sembravano altre montagne e un villaggio. Il lago, pertanto, dava da bere da due paesi , esattamente come facevano le fontane lunari con lui e la sua gente.

“Adoro i pesci dei laghi” disse Gerald. “Noi, tuttavia, non possiamo fermarci a pranzo. Mi sarebbe piaciuto capire cosa sia successo a Senerbez, ma in questi giorni di panico furibondo dobbiamo essere pronti a tutto. Adesso prenderemo questa barca, sono sicuro che quei due furbastri se la siano già squagliata e abbiano il culo al caldo e…”

“Non dire culo” lo ammonì Mond, stringendo i pugni. “Odio le parole oscene”

“Scusami tanto, principe” enfatizzò Gerald. “Non hai nessuna malattia alla pelle. Non sei davvero il figlio della Luna. Non esiste gente lunare e avrai sentito tantissime parolacce nella tua vita, magari da tuo padre, un… mugnaio, o un contadino. O peggio, un pastore. I pastori bevono tantissimo e sono violenti. Non mi stupirebbe se tu sia scappato di casa e tu abbia raccontato una bella storia per illuderti…”

“Io non…” cominciò il ragazzo.

“Non dire altro, Mond” disse Gerald. Non sembrava arrabbiato. “Mi sei simpatico, e non lascerò che tu muoia. Sono tempi difficili”

Non lo faceva solo per affetto. Gerald avrebbe tanto voluto indietro suo figlio, e Mond gli somigliava, e non avrebbe mai voluto che… ma erano altri tempi.

“Solo che, per essere credibile, hai tanta fantasia. Veramente parecchia. Come si chiama il tuo precettore?”

“Non usiamo nomi sulla Luna, te l’ho detto” osservò Mond, perplesso.

“Capisco”

Gerald strinse le labbra. Forse Thomas ed Edward avevano ragione, si disse mentre cercava una barca con lo sguardo. Forse, non era altro un bambino un po’ squilibrato che aveva inventato una bella storia. Però, questa cosa dei nomi non gli tornava affatto. E l’altra sera aveva chiaramente visto che la sua pelle brillava.

Gerald cominciò a camminare verso dentro, seguito da Mond, che continuava a stringersi con le braccia.

“Di’ un po’, Mond o com’è che ti chiami” disse amaro. “Raccontami queste fantomatiche stanze del palazzo lunare…  raccontami, orsù, e fammi sognare mentre cerco una barca”

“Be’” rispose Mond “capirai da te stesso che sulla Luna non c’è la differenza fra giorno e notte, non come l’avete voi. Godiamo sempre della vista delle stelle, le quali possiamo contarle una alla volta e dal balcone della mia camera è ancora più facile. La mia camera è totalmente bianca, rivestita di arazzi che narrano dei principi prima di me. È sempre stata la stanza dei principi bambini, e notorie sono le gesta del Re Bambino, il quale visse solamente un mese lunare, perché fu talmente coraggioso da sopprimere un potente mago oscuro ma non riuscire a sopravvivere a una schiera di fanatici. Il mio baldacchino è d’argento, fatto di seta e ogni notte dormo su morbidi cuscini. Dormo a pancia in su, cosicché possa vedere il miglior ritratto di mio padre, che guida un carro trainato da unicorni e, sguainata la spada, combatte i nemici che si sono succeduti per abbattere la famiglia reale. Xenobius, Ascareth, Lorger… tutti potenti maghi, e malvagi, perché la magia oscura non può che portare la rovina.”

Gerald non disse nulla. Che razza di nomi erano?

“Ovviamente quei maghi si sono attribuiti loro stessi dei nomi, perché ritenevano che nel nome ci fosse la magia più potente, e così divennero temuti” spiegò Mond. “Al contrario di ciò che proponiamo noi, la libertà da una definizione”

Fece una pausa, fissando le spalle possenti del suo accompagnatore non poté che chiedere una cosa che lo tormentava da qualche ora.

“Quell’uomo… è morto davvero?”

Gerald si voltò verso il ragazzino. Non sapeva cosa rispondere, così prese ad osservarlo, notando che le vesti da figlio del popolo gli donavano alquanto. Non dimostrava più di tredici anni o circa, e i capelli arruffati gli ricadevano giù per tutta la faccia. Sembrava sporco e sudato, aspetto accentuato dalla pelle quasi cadaverica che inspiegabilmente aveva, ma gli occhi accusatori non lasciavano adito a dubbi. Aveva paura.

Decise di non rispondergli, perché sarebbe stato troppo per lui accettare che non era il primo che uccideva in quel modo. Sentiva già, tutti i giorni, le mani continuamente sporche di sangue, senza che nessun moccioso lo accusasse di chissà cosa. Dunque sì, sir Luke era morto davvero, ma dopo di lui avrebbe ucciso ancora, e ancora, in un modo che gli innocenti non potevano comprendere.

Dopo quella che sembrava un’eternità, riuscì a trovare una barca ormeggiata accanto un piccolo molo di legno. Trovò anche una ragazza stesa sul bagnasciuga, che tremava. Era seminuda.

“Questa è una donna!” esclamò Mond. “Chiede forse aiuto?”

“Probabilmente” disse Gerald. Si abbassò e, voltandola a faccia in su, cercò di farla respirare. Mond non aveva idea di ciò che stava facendo quell’uomo, ma evidentemente funzionò. Il ragazzo vide anche che si produsse in un bacio simile a quello che aveva visto nel grande quadro nella sala del trono, dove i suoi genitori, appena sposati, avevano compiuto lo stesso gesto.

La ragazza rinsavì. Aveva molti capelli ondulati biondo scuro attaccati alla faccia, e grandi occhi verdi. Guardò prima il suo salvatore, poi il ragazzo.

“D… dove sono? Chi siete?” chiese.

“Mi chiamo Gerald” si presentò l’uomo. “Ricordi come ti chiami?”

“Florence” rispose lei, ma continuava ad avere il fiatone, e diversi dubbi le stavano annebbiando la mente. Improvvisamente le apparvero diversi episodi, episodi che probabilmente precedevano la sua permanenza sulla battigia. Era salita su una barca, e poi vide solo acqua. Sui vestiti, sui capelli, davanti agli occhi e dentro le narici.

Adesso era seduta, sfuggita alla morte. Ma non ricordava perché. Si guardò attorno, e non c’era altro che la spiaggia, un molo di legno e una barca. Accanto a loro c’era un ragazzino dalla pelle molto chiara. Non capiva nulla, e sperò che qualcuno la illuminasse.

“Siete del Regno Invisibile?” chiese.

Gerald rimase interdetto.

“Siete del Regno Invisibile… maledetti… maledetti!”

Florence cercò di scappare, ma inciampò malamente sulla spiaggia, che era piena di ciottoli. L’uomo si avvicinò verso di lei e la aiutò a rialzarsi.

“Sei ancora molto debole” sussurrò dolcemente. “Non puoi scappare da nessuno. Non siamo del Regno Invisibile. Un Regno non è invisibile.”

“No… ricordo bene che si stava parlando di questo argomento, prima del buio totale” rispose Florence, parlando molto lentamente. “Tu che fai qui con tuo figlio? Perché è pallido?”

Mond si affrettò a precisare “Non è mio padre. Mio padre è il Re della Luna, Endymion il Grande l’abbia in gloria”

Florence non capì. “Be’, a quest’età la fantasia galoppa. Tutti vogliamo essere principi e principesse”

“Però io lo sono”  borbottò Mond a denti stretti.

“Vogliamo raggiungere il villaggio dell’altra sponda, perché i nostri compagni ci hanno preceduto” spiegò Gerald. “Vuoi venire con noi? Probabilmente ti aiuterà a recuperare la memoria”

Florence deglutì. “No… andateci voi. Io non… non…” sospirò. “Ho come dei vetri rotti nella mia testa, capisci? Non ho ancora la concezione della realtà, e tornare indietro non mi gioverebbe di certo. Ci rivedremo, se il destino lo vorrà”

Detto quello, si allontanò, dirigendosi verso il valico. Gerald arricciò le labbra: che cos’era il Regno Invisibile? Fu su questo che portò i suoi pensieri, mentre vogava, portando la barca tranquillamente fino all’altra sponda, mentre Mond si lamentava delle scomodità che portava la traversata.

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