“… E con questo io ti nomino suddito del Regno Invisibile! Possa tu dare un contributo a noi qui presenti e a te stessa, in modo da rendere il mondo un posto migliore in cui vivere”
Così concluse Teodolinda, e i suoi compagni applaudirono. In ginocchio vi era Florence, la quale aveva accettato di unirsi a loro. Tutto, pur di evitare una tortura che non avrebbe avuto altro effetto che sofferenza.
Lord Habraxan nascose l’ennesimo movimento degli occhi, ma applaudì anche lui. Il suo Regno era rimasto immobile qualche giorno, ma era vero che nemmeno Elijah aveva compiuto alcuna mossa. Non era ancora stata data l’ufficialità, ma la battaglia di Ashengard era terminata. Rimaneva solo da risolvere l’epidemia terribile di febbre, mentre a sud est e anche in parte del centro le piogge erano riprese.
“C’è sempre qualcosa da fare” disse. “Ti assegno il primo compito, Florence…”
“Non dovremmo festeggiarla?” chiese Alec. “Con David, Acaz e Jezrael abbiamo fatto feste come si deve”
“Sì… o forse no” disse Habraxan. “Sento come un’urgenza. Un qualcosa che non stiamo considerando”
“Lord Habraxan!”
Qualcuno spalancò la porta della sala delle riunioni, il cui accesso era proibito se non sotto previa autorizzazione. Habraxan si strinse su se stesso, perché non gli piaceva quell’atteggiamento né le notizie improvvise.
“Scusate se ho aperto la porta, ma mi è giunta notizia dalla città di Droword!”
“Parla!” esclamò Jezrael. Habraxan si era seduto, abbassandosi il cappuccio. Era ancora scosso e spaventato. Teodolinda lo guardò di sottecchi e avrebbe tanto voluto abbracciarlo, ma fintantoché quel messaggero non fosse sparito, era fuori discussione.
“Droword è stata liberata dai Sotterranei, sconfitti dalla spada di un cavaliere di Ontaria!”
“Ah… i Sotterranei. Sì, ne ho sentito parlare” disse Alec, riflettendo. Florence conosceva Droword, ci era stata durante l’infanzia.
“Ebbene, sir Edweard di Ontaria è diventato benemerito di Lord Knor, che lo ha raccomandato al Re in modo da concedergli la grazia e il cambio di nazionalità. Assieme a lui pare, così ho sentito, ci sia anche il ragazzino che ha sconfitto gli Ibridi di Alexis”
Habraxan sussultò.
“Non è forse il bambino della luce, o come l’hanno chiamato?” chiese. “Il bambino presente nei ricordi di Florence?”
“Non lo so, probabilmente è così” disse il messo. “Allora, che fare?”
“Faremo una cosa sensata” disse Habraxan. “Acaz. Jezrael. Accompagnate Florence dal Re, in modo da incontrare il bambino. Io vi raggiungerò non appena mi avviserete. Alec andrà a verificare a Droword”
“Florence non sa chiamare tramite la mente” osservò Acaz.
“Però potete farlo voi” ribatté Habraxan. “Devo conoscere il bambino. Vederlo, se ci riesco. Anche se non è il momento di affrontarlo…”
Avrebbe tanto voluto parlargli, ma qualcosa gli diceva che lui non fosse pronto. Neanche Habraxan lo era, il grande Lord del Regno Invisibile. Tuttavia, doveva vederne almeno un’immagine.
Il messo, Alec, Acaz, Jezrael e Florence uscirono dalla sala. Rimasero solo David, Teodolinda e Habraxan.
“Che cosa vuoi che accada?” chiese Teodolinda, rannicchiandosi per osservare l’amato, ancora nascosto nel suo ampio cappuccio.
“Voglio che nessuno mi consideri più un mostro. Un mondo dove gente come me possa camminare a testa scoperta”
Teodolinda provò a sfiorare con delicatezza il suo braccio destro. Parlò dolcemente. “So cosa vuoi dire. La tua è un’eterna condanna. Sei il figlio della Luna, quello legittimo. Ti trovi a casa mentre passeggi nel silenzio dei boschi, fra i profumi di gelso e il fruscio di ali di un gufo. Canti con la tua cetra, seduto alla tua finestra, inni all’astro argenteo, e lei se ne delizia colorando la tua pelle del suo stesso colore… come madre e figlio”
“Come madre e figlio” ripeté Habraxan. “Non voglio che nessuno soffra. Nemmeno il ragazzino. Però… non rapitelo. Devo vederlo, conoscerlo, e lui conoscere se stesso. Lo aiuteremo a farlo. Indagheremo su come… come mai costui è venuto da chissà dove e cammina senza coprirsi? Perché ha generato quel fascio di luce che ha difeso la cittadella di Rockafort uccidendo la maggior parte dei nostri Ibridi e distrutto i sogni del Vecchio Alexis? Perché…”
Teodolinda sibilò, e lo baciò sul capo, anche se in realtà le sue labbra si posarono sul ruvido panno del cappuccio.
“Perché non ti posso toccare senza provare alcun brivido?” chiese Habraxan, alzando finalmente la testa e incrociando il suo sguardo triste con quello portatrice di gioia di lei.
Teodolinda non trattenne una piccola lacrima. Vedere quelle iridi rosse le ricordava tanti momenti perduti, occasioni perse che non si sarebbero più ripresentate. Il sangue dei nemici che insieme avevano lasciato dietro le loro spalle.
“Ti prometto che lo conoscerai” bisbigliò. “lo incontrerai, e avrai tutte le risposte”
“Il bambino è arrivato nel momento giusto” interloquì David, che aveva osservato tutta la scena seduto sul tavolo delle strategie. “è come se davvero la Luna, udendo il tuo canto disperato, ti abbia voluto donare un fratello. Nel momento più buio della tua vita, proprio quando il Regno Invisibile ha raggiunto le sale del Trono, ecco arrivare un ragazzino che sostiene di arrivare proprio dal luogo che tanto brami”
“David ha ragione” disse Teodolinda. “è un’occasione da non perdere. Potrebbe essere lui colui che ci consegnerà al fato o si unirà a noi… diventando tuo fratello”
“Fratello di un mostro” aggiunse Habraxan.
“No, fratello di una persona straordinaria” disse piccata Teodolinda. “Non amo un mostro”
Teodolinda capì di aver colto nel segno, e Lord Habraxan si alzò dalla sedia e, controllando l’ennesimo movimento involontario degli occhi, disse “Adesso che i Sotterranei hanno lasciato la loro presa, cerchiamo di stanare gli irriducibili e far capire loro chi comanda, d’accordo?”
“Ecco il mio signore” disse David divertito, e lasciò la camera soddisfatto, diretto nella biblioteca dove erano conservati i libri sulla città di Droword, dove fino a qualche tempo prima si era svolta una battaglia e dove Alec stava indagando.
“Io invece resterò qui. Mi sembra molto comodo”
Teodolinda lo vide divertito mentre sedeva sul trono di pietra dove di solito riceveva i messi.
“Hai idea di quando finirà l’epidemia?” chiese Habraxan. La ragazza non ne aveva idea, ma tentò ugualmente.
“Potremmo avere la soluzione davanti agli occhi e convincere la gente a seguire la nostra causa” propose. “Come si cura la febbre? Ho trovato questa pianta, giusto stamattina…”
Non avendone una reale, la cercò nella sua mente e la mostrò ad Habraxan tramite i poteri della telepatia, che si sviluppava con lui molto bene. Era un fiore giallo dallo stelo che presentava come degli artigli “La chiamano Artiglio di Gatto, come vedi ha degli aghi che lo ricordano. Un infuso di questa pianta e guarisce dalla febbre. L’ho provata”
Habraxan non riusciva a trovare una donna migliore di lei.
“E perché non me l’hai detto subito?”
“Sei stato assorbito da quel ragazzino…” disse Teodolinda. “Abbiamo la soluzione alla febbre. Tutti verranno da noi. Da te.”
Habraxan si alzò e la cinse a sé, in un’azione che non avrebbe mai fatto e forse mai più ripetuto. Un abbraccio vero, sincero, fatto d’istinto. Habraxan si riebbe e tornò a sedersi, stringendosi su se stesso.
“Grazie” sussurrò vago.
Teodolinda sentì caldo nel cuore.