Adalgisa odiava il traffico. Pensò effettivamente che nessuno lo amasse, al mondo, ma lei lo odiava in maniera particolare.
Inoltre, col fatto che passavano i motorini e lei no, la mandava in bestia.
Il semaforo scattò di nuovo in verde, ma non c’era verso di poter passare, perché dall’altra parte la gente era passata col giallo bloccando l’incrocio, ancora e ancora. La ragazza ricordò di quando era andata un giorno sull’aereo. Non c’era la minima traccia di altri aerei, né di semafori, tranne che quella volta.
Osservava annoiata oltre l’oblò quando un semaforo fece capolino fra le nuvole.
“Qui non potete passare finché non lo dico io!”
Così aveva esclamato, ma prima che lei potesse ribattere o segnalare all’hostess il problema, due figure fatte totalmente del bianco delle nuvole ribatterono accalorate. Allora non era a loro che si riferiva.
“Ma dobbiamo assolutamente andare in un punto imprecisato! E dai, chiudi un occhio!”
“Ne ho tre” ribatté il semaforo “e decido io quale chiudere. Quello rosso, e vi deve andare bene che non segnalo nulla alle autorità, in quanto multabili”
Le due figure si guardarono, anche se non avevano occhi. Poi osservarono Adalgisa stessa.
“Allora, vuoi aiutarci o no, invece di assistere inerme?” chiesero all’unisono.
“E come faccio a venire? Non posso certo scender dall’aereo, cadrei male”
“Ma sì che puoi! Dai, che c’è tutto un pavimento bianco”
Adalgisa aprì l’oblò, scese e si rivolse a quel palo di ferro con l’occhio rosso.
“Allora! Permetti a queste nuvolette di passare o non la passerai liscia! Come vedi ho un aereo e non ho paura di utilizzarlo!”
“Sì, be’, ti sta lasciando a piedi” disse il semaforo, indicando l’apparecchio volatile che stava prendendo tutt’altra rotta rispetto alla corrente.
“Ok, ma tanto ci penseranno le aquile a portarmi dove devo andare!”
Alcune aquile si guardarono, chiedendosi quando ebbero dato il permesso di essere cavalcate.
“Oh” Adalgisa si mise le mani in bocca. “Devo aver sbagliato libro…”