La leggenda dei tre compagni e del figlio della luna/51

la leggenda dei tre compagni e del figlio della luna

Passarono tre anni.

Mond si alzò dalla lunga meditazione notturna. Gli dolevano le gambe, come sempre. Il mare era calmo e il cielo terso. Sospirò. Sapeva che era giunto il momento.

“Ben fatto, Mond” disse il vecchio mago, uscendo dalla sua torre e sorridendogli. “Anche stanotte sei stato molto bravo. Li hai sconfitti tutti.”

“In memoria di mia madre.” Sorrise Mond. “Vado, allora?”

Il mago annuì. “Vorrai salutare gli altri, immagino”

Gli altri… quante ne aveva passate, con loro? Meritavano un saluto in grande stile.

Che dire di Mary? Aveva seguito, inizialmente, le lezioni di magia ma fu chiaro a tutti che non sarebbe mai riuscita a esercitarsi negli incanti più complicati. In  ogni caso, il Mago le aveva assegnato il compito di preparare la legna e di bloccare il maltempo tutte le volte che si presentava. Un giorno, le aveva insegnato uno strano gioco chiamato Scacchi, molto in voga nelle terre al di fuori del regno, e Mary aveva sempre battuto Mond. Passarono ore felici a cibarsi dei biscotti creati dal mago e mangiare allo stesso tempo Alfieri e Cavalli.

Gerald, invece, era sempre rimasto con lui, giorno e notte. Gli aveva insegnato a tuffarsi dalla scogliera, a nuotare e gli aveva donato pesi sempre più pesanti da portare. Ogni Luna Piena, invece, Gerald lo sfidava in un corpo a corpo senza incantesimi.

Mond pensò a sir Edward, il quale mancava da un anno. Ad Ashengard era scoppiata una nuova sommossa, e per il cavaliere fu l’ennesima occasione di tornare a fare i conti col proprio passato. Il Mago ritenne che gli uomini del re avessero vinto, e Lord George aveva suggerito il nome di David, suo fedele alleato, come Governatore, che dunque avrebbe preso il titolo di Duca.

“Vuoi aspettare sir Edward?” chiese il Mago, intuendo l’apprensione del ragazzo. “Sappi che più tempo perdi, più…”

“Lo so” rispose lui. Osservò il mare e alcuni gabbiani. Il suolo sotto i suoi piedi e l’erba sospinta dalla leggera brezza. Osservò il casupolo di legno appartenente a Gerald e Mary e la torre dall’aria fatiscente dove viveva lui assieme al Mago.

Alzò lo sguardo. Il cielo non era mai stato così blu. Improvvisamente scoprì che gli occhi non riuscivano più a vedere e se li coprì con le mani.

“Ti dispiace, vero?” chiese il Mago.

“Sono stati tre anni magnifici” disse Mond, singhiozzando. “Ma… hanno bisogno di me. Il mio popolo ha bisogno di me, del loro principe, del loro servitore. Ringrazierò per sempre tutti voi. Mandate un saluto a sir Edward, dicendogli che avrei tanto voluto un cavaliere come lui, fra le mie fila. Salutate George, dicendogli che sua figlia è bellissima, e ricorda tanto Teodolinda. Salutate Florence, e ditele che…” si interruppe, deglutendo “ditele solamente che non dimenticherò mai i giorni passati a palazzo. Dia a suo figlio Acaz una carezza. Quella sarà la carezza del Figlio della Luna”

“Però a Lady Isabel non l’accarezzi” osservò il Mago. Mond ridacchiò.

“A lei non piacciono. Come a suo padre”

Si diresse lentamente verso l’abitazione di Gerald e Mary, i quali, sapendo che era quello il giorno, gli vennero incontro con aria malinconica.

Gerald. Così alto, così imponente. Non era facile atterrarlo, neanche con l’influsso della luna piena. Tutte le volte che aveva pianto e c’era stato lui a chinarsi su di lui, e abbracciarlo, e servirlo.

“Grazie” disse Mond. Guardò gli occhi imperscrutabili di colui che poteva chiamare padre, e lo abbracciò, spontaneamente, d’improvviso.

Gerald ricambiò l’abbraccio. Sapeva di casa, di momenti perduti, di momenti ritrovati, di momenti incompiuti. Aveva anche un vago odore di salsedine.

“E sistema questi capelli, ché sembri un pazzo” disse Gerald, trattenendo lacrime e risate. Mond si voltò e si fece legare i capelli da Mary, ché lei sapeva come fare. La chiamava coda di cavallo, e sarebbe stato come montare sui quadrupedi terrestri, che tanto lo facevano penare.

“Fa’ attenzione” disse Mary, sorridendo triste. “Sei una persona straordinaria e… un giorno mi batterai a scacchi, così come un giorno ti batterò nella corsa”

“Tornerò” annunciò Mond. “Il regno della Luna non resterà più isolato. Indirò un torneo in cui dovrete partecipare tutti. Piatto del torneo, zuppa di fagioli e pane”

“Certo!” commentò Mary pensando a come quel piatto in particolare lo adorasse e l’avesse così unito a lei, sorridendo e ricordando quando a Mond piacesse quel piatto povero. Gli afferrò le spalle e gli baciò la fronte. Se per lei sembrò di baciare la luna, per lui quel bacio sapeva di redenzione, ripresa e guarigione. Era la prima volta che lei dava un bacio a qualcuno chissà da quanto tempo. Non l’avrebbe fatto scappare così facilmente.

“Andiamo?”

Sempre troppo presto, disturbatore fino al midollo. Non riuscì a odiarlo.

Aveva sempre una sola tunica, blu come il mare dietro di lui. Ogni ruga era un’esperienza, un’avventura,  un canto. Mond si chiese quando avrebbe potuto prendere lezioni di quel tipo, sentirlo cantare andava onde tutte le esibizioni a cui aveva assistito a Teatro nel suo regno.

Casa sua.

Lo seguì in silenzio, respirando a pieni polmoni l’aria fresca del mare. “Dove ci mettiamo?” chiese.

“Oh, questo lo decidi tu” disse il Mago. “Quale vuoi come ultima immagine terrestre?”

Era una bella domanda. Mond si voltò a destra e a sinistra. Salì sulla torre, osservando un’ultima volta la sua stanza e tappandosi la bocca con le mani si rese conto di stare dimenticando la faretra con le frecce, in quel momento invisibili ma che si sarebbero generate per sua volontà.

Tornò di nuovo dal Mago e decise che non avrebbe retto nel vedere di nuovo Gerald e Mary. Così decise di guardare il mare. Ricordò di quella volta in cui discesero il fiume con una zattera fabbricata da Gerald, e ancora prima ebbero traversato il lago del Senerbez. Il mare, invece, era molto più ampio e imprevedibile e il ragazzo sapeva che, se si concentrava, poteva ancora sentire i flutti freddi che sbattevano contro di lui, mentre lottava per dare una bracciata e poi l’altra.

“Ora voglio che chiudi gli occhi. Te lo chiedo perché l’incantesimo è fortemente accecante, o almeno così mi hanno detto”

Mond chiuse gli occhi. Improvvisamente ricordò quella notte, la notte in cui arrivò sulla Terra. Aveva litigato con sua madre, prima di andare a letto infastidito da quel comportamento. Poi, però, lei era tornata nelle sue stanze, e lui le aveva chiesto un bacio della buonanotte.

Adesso, sua madre riposava sotto tre metri di roccia argentea. Strinse i pugni.

Il Mago impose le mani sul suo capo, senza toccarlo. Mond non capì una parola di quel che lui stava sussurrando, ma sentì una leggera vibrazione su tutto il corpo…

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