“Fibrizza, è solo una lista della spesa”
Lei si illuminò. Qualcuno aveva acceso una lampada da scrivania e quella la investì di luce.
“Giancarlo” rispose. “Vecchio mio, quando dico che non so cosa scrivere, intendo dire che a volte forse le forbici potrebbero pure aiutarmi. Solo che sono sette anni che non succede e quindi mi trovo leggermente spiazzata”
Esatto, siamo tornati alla scena del capitolo uno. Tutto era tornato alla normalità, con la sola differenza che Fibrizza aveva tenuto quel nome, ma nessun altro, che fosse essere vivente o no, l’aveva più disturbata. Se durante i primi giorni si era eccessivamente preoccupata, poi, dopo, non le interessò più. Anzi, fece un lungo respiro profondo e da allora erano passati sette anni, tutta una serie di giorni in cui non ebbe più fatto respiri profondi.
“In che senso, le forbici potrebbero aiutarti?” chiese Giancarlo.
“Beh” disse lei, che in effetti non si aspettava quella domanda. “Non ti sei mai accorto di nulla?”
“Di nulla?”
“Fibrizza ha ragione” intervenne la forbice, che era proprio messa lì, e aveva assistito a tutta la scena. “Benvenuta nella seconda fase del nostro progetto”
Fibrizza trattenne il respiro, mentre Giancarlo sbiancò oltremodo. +
“Una… una forbice che parla!” esclamò, poi scappò.
“Non è ancora pronto. Peccato, ce lo aspettavamo più spiritoso” commentò l’articolo da cancelleria. “Tu, invece? Come stai? Sono appena scaduti i fatidici sette anni di attesa. Che cosa hai pensato durante tutto questo lasso di tempo?”
La donna strinse le labbra. “In realtà” cominciò “non mi aspettavo che…”
“No, non hai capito. Vogliamo sapere tutto ciò che hai pensato dal quindici ottobre di sette anni fa fino ad oggi” la interruppe la forbice.
Ma la donna, che sapeva il modo di ragionare di quegli esseri, sapeva anche il modo di rispondere, così guardò dritto negli occhi la forbice e rispose “Lo volete sapere? Lo volete sapere davvero?”
La forbice esplose.