I ricordi di Adalgisa/37

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Era l’anno Novantanove mila. Il centesimo millennio. Adalgisa non poteva ricordare nulla, perché era letteralmente il futuro ed era passato già un mese da quando aveva preso abitazione, anche se era più corretto dire che era stata l’abitazione a scegliere lei. Le era stata affidata una nuvola personale e le era stato detto che non si pagavano tasse, non c’era un governo e gli umani erano sparsi per l’universo. Sulla Terra erano rimasti pochi milioni di individui ma era impossibile dire chi tra quelli poteva essere un suo discendente.
“Senza contare gli alieni che vivono a terra e qualche extraterrestre che ha le manie di comando, ma per fortuna le nuvole sono imparziali e nessuno può conquistare niente. Ognuno è governo di se stesso” concluse il casco volante, dopo la solita lezione di storia.
“Ma tu non hai niente da fare? Non hai un lavoro?” chiese lei. Si ricordava di quando aveva affrontato un greezly a mani nude. Le era bastato fingersi morta e quello andò via schifato. Solo successivamente seppe che aveva messo una stella di recensione nel suo stesso cibo.
“No. Qui nessuno lavora. Cose come il cibo sono superate per questa civiltà.”
“Ma ho fame!”
“Puoi mangiare del lievito”
Il casco si accese, tremò e dal forno della stessa casa venne fuori dell’ottimo pane. Sembrava reale.
Adalgisa assaggiò quel pane. Sapeva di pane. Peraltro, sfornato da pochissimo.
“Beh, grazie?”
Il casco volò via, così lei rimase sola, anche solo per qualche secondo. La porta di casa sua si aprì, o per meglio dire, un alieno a sedici tentacoli fece irruzione comparendo dopo tanti pixel.
“Cogl! Cogl!” cominciò a gorgogliare. Mosse i tentacoli e le passò una spada luminosa.
Andò via correndo e alla ragazzo ricordò di quella volta che le fu consegnata una spada di legno, che perse dopo dodici secondi, senza neanche capire come. Cosa fare dunque di quella specie di neon?

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