
44 Le avventure dei fulmini
C’erano una volta i fulmini.
“Dai, che ce la sbrighiamo in fretta!”
No, mio caro fulmine. Tu vivrai un’avventura esattamente come la vivono le nuvole!
Questo fulmine si chiamava Gianalfonso, ed era pronto a saltellare fra una nuvola e l’altra, e periodicamente cadere a terra.
“Un fulmine non cade mai due volte nello stesso punto” era solito ripetere, anche se la terra aveva anche messo delle X precise, in modo da farlo invogliare a colpire quelle. Ma il signor Fulmine era superiore a quelle provocazioni.
“Posso attaccare dove voglio” diceva all’amico T. Uono. Quest’ultimo brontolò non poco.
“Cosa dici? Non ti capisco mai quando parli” disse il Fulmine. L’altro fece spallucce.
“Ah, non si può proprio parlare?”
Stava di fatto che il Fulmine aveva un nemico giurato, ovvero il signor Ghiaccio, colui che periodicamente scendeva dalle nuvole e lo immobilizzava.
Non ne aveva mai compreso il motivo, ma probabilmente aveva a che fare con le scie chimiche. Andò a parlare loro, sempre che esistessero. Fu allora che le incontrò.
Le scie chimiche erano pressappoco simili alle nuvole, solo che erano chimiche. Non c’era da stupirsi se avevano un banco pieno di provette, becher, liquidi e altre cose che si usano in chimica ma che io non conosco. Peraltro, Becher mi è rimasto impresso perché ha lo stesso nome del migliore amico di Holly Hutton.
“Oh, salve” disse la scia, cercando di usare in modo corretto un crogiolo. Alcune palline saltellarono.
“Salve” rispose vago il Fulmine. “Cercavo il motivo per cui il Ghiaccio mi rompe le scatole. Tu lo sai, vero?”
“No, non penso” disse la scia. Stava accadendo qualcosa di strano dentro la provetta. “Numero di Avogadro…”
“Non ce l’ho su Whatsapp” rispose il Fulmine. La scia chimica guardò il Fulmine, e lui di rimando rispose allo sguardo.
“Credi di essere spiritoso, vero? Di’ la verità. Ti credi tanto divertente da fare battute orribili sulla gente che lavora per poi creare i memini su Facebook dove gli altri imbecilli ti applaudiranno, non è vero? Eh?”
La scia chimica poteva avere anche ragione, ma non si insultava in quel modo un fulmine, così lui fu costretto a gettare la propria scarica elettrica sulla scia e far esplodere tutto il laboratorio.
“Che maleducazione! E dire che aveva chiesto proprio il numero di Avogadro. Che poi, un avocado ha forse un numero di cellulare?” borbottò il Fulmine. Si sentì tanto T. Uono nel farlo e gli venne in mente di chiedergli scusa per come si era comportato con lui fino a quel momento. Forse, era meglio borbottare che parlare con le persone suscettibili.
“Chiedo scusa” salutò a un certo punto. Georgino l’aeroplano si spaventò non poco.
“Fulmine! Ma che cavolo fai? Non lo sai che appena ti tocco mi polverizzo?”
Il Fulmine si sentì attaccato. “Be’, ma allora non si può mai parlare con nessuno!”
“No, non si può. E adesso ti prego di spostarti, perché se ti tocco esplodo”
Il Fulmine lo fece passare, ma era disgustato anche dal suo comportamento. Decise di parlare con la Gomma, che in passato era stata foriera di numerose risposte.
Non ricordava quali.
La Gomma, sentendosi toccata, disse “Oh, Fulmine. Mi hai pizzicato. Non mi hai fatto niente”
Il Fulmine, a quel punto, entrò in una crisi di identità. Non conosceva ala chimica, gli aerei lo disprezzavano e la gomma non si faceva nulla se toccata dall’alto voltaggio.
Era mica diventato buono?