Calice
“E adesso brindiamo!”
Quest’anno Natale è caduto di venerdì, per cui sono già tre giorni che vediamo sempre la stessa scena, a pranzo e a cena.
Natale, Santo Stefano, Domenica 27. Insomma, sappiamo bene che gli umani di questa casa stanno diventando mongolfiere, però brindano.
“Di che ti lamenti? Anche tu sei leggermente brillo?” chiede il tavolo imbandito ancora una volta.
“No, è solo che vorrei essere un po’ birillo, ogni tanto”
Lo affermo senza tema di smentita, tanto qui nessuno sa cosa sia un birillo e possono annuire e sorridere com’è nella convenzione.
Intanto, nel frattempo, una fetta di pane si alza e balzella sul tavolo. Quale magia!
“Quale magia è questa?” chiedo. “Cosa sta facendo?”
Il pane cade sotto il tavolo, ma non per questo viene invaso dagli acari come dovrebbe. Piuttosto, gira l’angolo e fa il cosplay di una ruota.
“Qualcosa non va” commenta l’altra fetta di pane, quella rimasta sul tavolo. “Non si è mai comportato così, nemmeno quando era un chicco di grano”
Sono secondi concitati.
“Dove sarà andato?” chiede la forchetta.
“Dove vuoi che vada un pane? Sarà rotolato via, o no?” sbraita senza mezzi termini il tovagliolo. “Tutti i giorni sempre la stessa storia, sempre coperta di briciole!”
“Ringrazia che non ci siano i piccioni” aggiunge sornione la bottiglia di vino, ché tanto lui è di vetro, i piccioni non possono colpirlo. Dopo averlo detto, ecco spuntare il pane.
“Ho portato un amico”
Dietro di lui si allunga un’ombra. È un birillo. Nessuno lo riconosce.
Il calice singhiozza. “Sogno o son desto? No aspettate!”
Fa una pausa perché viene bevuto, poi riprende. “Dicevo, sogno o son desto?”
“Sono un birillo” dichiara quest’ultimo. “Provate a spingermi.”
La forchetta infilza senza aver avvisato nessuno un cavolfiore, poi lo lancia.
Il birillo cade e viene sconfitto.
Il calice, il vino e il pane si guardano esterrefatti mentre la Forchetta soffia sulle sue punte. “Che avete da guardare? Ha detto spingetemi, ho gettato su di lui una palla, no?”