Denaro.

“Verrebbero quindici Ananas. Tiene il resto?”
L’uomo Ape guardò attentamente lo scontrino. Vide Detective Morto che ancora spiluccava i salatini dell’aperitivo. Alcuni, però, erano le sue dita.
“Quindici Ananas” ripeté Giangiorgio. “Mi ricorda qualcuno”
“Io, comunque, non posso maneggiare denaro. Sono morto, no?”
“Oh, molto comodo!” esclamò il supereroe. “Quindi, adesso, solo perché faccio il restauratore di opere d’arte sono più ricco di te! E allora, i soldi che percepisci come detective privato?”
“Appunto”, disse detective Morto, leccandosi un indice. “Li percepisco.”
Poi tossì, perché il dito che stava leccando cadde dentro la bocca inaspettatamente.
Giangiorgio non era del tutto convinto. Chissà che cosa avrebbe detto nonno Pino di quella situazione. In ogni caso, estrasse il portafoglio: magari si sarebbe pentito, il suo nuovo amico, e avrebbe fatto un po’ di parte per pagare la sua porzione di aperitivo.
L’uomo ape che faceva aperitivo, per detective Morto, era una situazione talmente spassosa che non se la sarebbe persa nemmeno morto.
“Allora? Paghi o no?”
Morto si alzò, si tolse un po’ di sale dal suo cappotto logoro e cercò tra le tasche. Ne uscirono fuori diverse blatte e vermi, di quelli soliti che uscivano fuori dal corpo decomposto.
“Toh” fece a un certo punto, sorpreso. “Il mio orecchio sinistro nella tasca destra.”
“In che senso?” chiese Giangiorgio, poi vide il buco nell’orecchio e un verme alzò il cappello, dove avrebbe dovuto esserci la cartilagine.
“Il tuo verme mi sta salutando?”
“Ma che ne so, se non lo sai tu che metti in fila parole a caso” disse Morto, il quale, non riuscendo a incastrare l’orecchio dove era messo prima, lo attaccò con una mosca volenterosa.
Più volente che rosa, in effetti.
E fu così che Giangiorgio dovete pagare quell’aperitivo, al modico prezzo di quindici Ananas, che nessuno seppe riconvertire in euro.

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