Pomeriggi.

Era difficile prendere argomenti seri con quel tramonto. Loro due, al molo, insieme, mentre il sole affondava dietro l’orizzonte.
Insieme…
Enrico doveva proprio dirglielo.
“Mi manchi” ammise.
“Sono qui” disse lei.
“È quando ci sei che mi manchi di più. Quando siamo insieme. Quando non ci sei, quando sei soltanto un fantasma del passato o il sogno di un’altra vita, allora è facile.”
“Oh” rispose lei. “Insomma, stai cercando di dirmi che ti manco quando ci sono?”
“Sì” disse Enrico. “Non mi ascolti mai, fai finta di esserci ma con la testa sei altrove”
“Ma no, ma no…” Benedetta sorrise. Un sorriso di sufficienza, come se si sentisse in colpa. “Dimmi anche solo un esempio in cui non ci sono stata”
“Avevo il concerto di fine anno e non sei venuta” spiegò Enrico.
“Beh, dovevo pur annaffiare le piante carnivore, no?”
“C’è stato quel film bellissimo che potevamo vedere insieme e invece ci sono andato con quel noioso di Paolo, verofinto critico cinematografico”
“Ma lo sai bene che quel giorno veniva di venerdì, e io il venerdì vengo sempre rapita dagli alieni!”
“Poi ti dovevo assolutamente raccontare quel pettegolezzo e…”
“E invece ti ho raccontato del fagiano che sparava laser. Ma sparava laser, capisci?” concluse Benedetta. “Adesso però ci sono, sono qui. Puoi dirmi tutto quello che vuoi”
Enrico sospirò. “Ecco, me lo porto dentro da un bel po’ e…”
Si sentì una vibrazione.
“Scusa un attimo” si scusò Benedetta. Rispose al telefono e dopo aver detto “Sì, credo che i binari siano due rette parallele che non si incontrano mai” tornò alla realtà. “Dimmi pure”
Era per quello che Enrico si era innamorato di lei: non si capiva masi in che mondo vivesse, o che gente frequentasse.
“Allora, senti. Io lo so che non stiamo insieme da molto, però…”
“Guarda, è appena saltato fuori un delfino laggiù!”
Enrico si voltò a guardare, ma ormai il mammifero era tornato sotto le acque. “Allora, ascoltami una buona volta!”
“Sì, okay, dai. Sono tutta orecchie!”
Enrico per un momento ebbe lo strano flash della usa fidanzata ricoperta di orecchie. “Io devo assolutamente dirti una cosa, una cosa che mi porto dietro da tanto tempo”
“Oh. E cosa sarebbe mai?”
“Io… MI PIACCIONO I CITOFONI! Ecco, l’ho detto!”
Benedetta rimase colpita. “EHI! Anche a me piacciono i citofoni! Soprattutto quelli dai rumori fastidiosi!”
“Oddio, davvero?” Enrico era in estasi.
“Certo! Ho anche il tatuaggio di un citofono appena sopra il seno sinistro… vuoi vedere?” chiese Benedetta maliziosa.
E da quel pomeriggio, diventarono due cuori e un citofono.

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