Che bel posto era, quel pianeta! Terra, si chiamava. Peccato che l’abbia mangiato.
“Sì, infatti”
Ci tenevi, Pancrazio?
Pancrazio è uno di questi asteroidi che concorrono ogni anno solare per distruggere uno o più pianeti.
“Adesso mi devi dire come possiamo proseguire le nostre gare”
Ah, beh. Ci pensavate prima. Io, in quanto buco nero, posso ben mangiare le galassie e anche voi, che infatti non siete altro che dei pop corn, ai miei occhi.
“Quali sarebbero i tuoi occhi?”
Pancrazio non molla, eh? E va bene, vorrà dire che gli lancerò qualcosa da dentro di me e colpirlo in testa.
“Caro mio” prosegue lui “Il punto è che non puoi sempre fare tutto quello che vuoi. C’erano i tornei, la Terra valeva trenta punti, e adesso come possiamo decidere il titolo di asteroide più pericoloso?”
Mi pulisco i denti con uno stuzzicadenti. “Ah, trenta punti! Avessi detto duemila. Troverete un altro pianeta su cui riversare le vostre paturnie”
Pancrazio guarda la sua gang, la quale alza le spalle senza sapere come e dove ribattere.
“Guarda che trenta punti sono punti, non ti permettiamo di prenderci in giro. Per di più, non c’è un altro pianeta su cui riversare le cosiddette paturnie. Hai inghiottito l’intera via Lattea, perdinci!”
Hanno ragione. L’ho fatto.
“Eh, ma cosa volete. Il latte fa bene alle ossa”
“Ma quali ossa! Non ne hai neanche una! Sei solo una bocca viscida e molliccia!”
Che esagerati! Solo perché ce l’ho leggermente più grossa degli altri.
“E voi allora cosa siete? Aspettate che peschi qualcosa dalla mia cosiddetta bocca e vediamo”
Cerco e cerco, ma gli asteroidi ridacchiano.
“Si sono spaghettificati, eh? Non trovi più niente, eh? Beh, ce lo aspettavamo!”
“Questo vuol dire che posso spaghettificare anche voi, no?”
Bingo. Game, set, match.
In ogni caso, essere un buco nero ha i suoi vantaggi, non credete anche voi?