La leggenda dei tre compagni e del figlio della luna/46

la leggenda dei tre compagni e del figlio della luna

Lord Habraxan, Jezrael, Teodolinda e David scortarono il drappello di lancieri all’interno della città, come se avessero il potere per farlo. Nello stesso momento, Gerald e sir Edward dovevano consultarsi, anche se nessuno di loro aveva la forza per parlare.

Erano stati minuti agitati, in cui molte cose avevano smesso di essere e altre erano appena cominciate. Nessuno dei due riusciva a distogliere lo sguardo dal corpo di Thomas, che avrebbe giaciuto per sempre con lo sguardo rivolto al sole.

Fu sir Edward a scendere per primo da cavallo, per guardare meglio il vecchio compagno. Poco più in là, Mary piangeva ancora.

“Thomas” esordì con voce spezzata. “Thomas, che hai molto amato…”

Non riuscì più a dire nulla che scoppiò in un pianto sconvolto, come non gli era mai capitato. Era come se a un certo punto tutto il dolore che portava fosse esploso nel petto. Anche Gerald si impose di non dire nulla, altrimenti avrebbe pianto in maniera simile.

Una volta smesso, Edward si diresse verso il suo fagotto personale e cercò di accendere un fuoco.

“Non avrai intenzione di cremarlo?” disse Gerald. Era colui che lo conosceva da più tempo, e si rese conto di non poter sopportare altro dolore. “Lo seppelliremo, non… lui avrebbe voluto così”

“E chi sa cosa avrebbe voluto e cosa no?”

La voce di Mary proruppe dalla distanza. Prese il corpo di Thomas come se fosse un fuscello e si appartò. I due uomini supposero che stesse cercando un terreno molle, ma anche loro vollero partecipare a quei funerali.

Fu Edward a partire col cavallo per cercare una fattoria, una qualunque, che avesse una pala. Dopo aver chiesto, la trovò solo nel tardo pomeriggio.

Fu uno strazio per tutti, mentre Mond dormiva, chiudere Thomas in un tumulo. Trovarono una piccola zona appartata, circondata dal alberi stanchi e ingialliti. Mary, infine, disse “Ha trovato la pace.”

“Cosa vuoi dire?” chiese Gerald.

“È stato un uomo che ha subito tante crudeltà, ma ha trovato il modo di redimersi salvando me e il ragazzo. Non sottovaluterei il valore dei bei gesti, qualunque crimine sia venuto prima è stato cancellato e perdonato” spiegò lei. Nessuno degli altri due ebbe nulla da ridire.

“Lo conoscevo da anni, e tu Mary lo hai profondamente cambiato. Si appartava, e non faceva altro che rubare. Poi è cambiato radicalmente. Il Thomas che conoscevo non si sarebbe mai gettato nel fiume per una donna” disse Gerald. “Hai ragione, ha davvero trovato la pace e adesso tocca a noi fare in modo che la sua memoria non vada perduta”

Detto quello si accamparono per la notte senza aver cenato. Nessuno dei tre riuscì a dormire, e Gerald passò buona parte della notte a carezzare i capelli di Mond, che a causa della luna nuova era ancora inconscio dei fatti avvenuti durante il giorno.

E il sole spuntò troppo in fretta. Edward sapeva che sarebbe stato un giorno importante per lui, ma in quel momento aveva occhi solo per Mond, il quale aprì gli occhi per la prima volta dopo una giornata intera.

“Oh…” esordì, stropicciandosi la faccia. “Siamo arrivati alla capitale?”

Si voltò a destra e a sinistra. Tutti lo stavano osservando.

“Che avete da guardare?”

“Hai dormito, ancora una volta, per un giorno intero” annunciò Gerald, deglutendo. “Ci sono delle novità. Brutte.”

Prese il coraggio a due mani e raccontò senza perdere il contatto visivo ogni dettaglio di quanto avvenuto la giornata precedente. Mond pianse e andò a correre verso il tumulo di Thomas, gettandosi faccia a terra. Rotolò straziato e diede pugni nel terreno, ma niente di quel che avrebbe potuto fare avrebbe cambiato l’orribile situazione.

Una volta sfogatosi, Mond chiese con voce spezzata “Chi è il bastardo che vuole vedermi? Lo disintegro!”

“Potrebbe essere uno del tuo regno” osservò Gerald. “Ha parlato di luna piena ed è al corrente del fatto che riesci a illuminarti. Non prenderei la vicenda sottogamba”

Mond scosse la testa. “Sono l’unico della mia gente a calpestare questo suolo, te lo posso assicurare. Quell’uomo non condivide neanche una stilla del mio sangue!”

“A parte questo” interloquì sir Edward “oggi andremo dal re. Devo vedere se questo documento serve a qualcosa e se ciò vorrà dire incontrare di nuovo l’uomo incappucciato e i suoi accoliti, ben venga”

Mond si disse d’accordo e, insieme, si diressero verso la capitale.

Mestamente e senza dire nulla, verso la collina dove sorgeva il palazzo. La città era appena sveglia e tutti badavano ai fatti propri.

D’un tratto, Mond chiese a Mary “Come stai?”

Già, si disse lei. Come stava?

“Avevo bisogno di seppellirlo io” spiegò. “Quei pochi secondi in cui ho eliminato quell’uomo sono stati un tributo a ciò che lui ha fatto per me. C’è ancora qualcosa che posso fare in questo mondo e, se in qualche modo ho vendicato Thomas, adesso scorterò te fino al cospetto del Mago sulla scogliera”

“Già” disse lui. “Tu credi che esista davvero?”

“Sì” rispose, e non aggiunse altro.

Una volta giunti a palazzo, furono accolti dalle guardie, che tuttavia li riconobbero e li fecero entrare, anche con i cavalli, che vennero custoditi nelle scuderie. Le armi, invece, vennero riposte nell’arsenale. Fu quindi con i soli fagotti che i quattro viandanti si presentarono al cospetto del re, che fu pronto a riceverli dopo circa due ore di attesa.

Mentre aspettavano, Mond fu distratto da una delegazione di servitori e da un uomo che aveva l’aria di essere un precettore, mentre spiegava un arazzo a una bambina.

Gli sembrava molto carina, e il modo innocente in cui poneva domande gli ricordava lui stesso, prima che venisse sulla Terra. Si guardò le mani candide e si sorprese che fossero pulite. Perché lui non lo era affatto. Era sulla Terra da un mese e mezzo. Solo un mese e mezzo, e aveva ucciso, tirato con l’arco, sollevato una ragazza violata, condotto un esercito a difendere una città, e ucciso ancora, e nuotato in un fiume.

Si alzò e cercò di vedere il suo riflesso in uno dei vetri di quella sala, anche se molto vago dato il sole. Pensò che fosse più alto, di sicuro il suo corpo continuava a modellarsi.

“Sua Maestà il Re!” annunciò qualcuno, ed Elijah Quinto giunse con l’aria stanca di chi non aveva dormito. E non era la prima sera che accadeva.

Erra seguito dall’uomo ammantato di nero e la ragazza che era con lui, il giorno in cui Thomas era morto. Sir Edward era sicuro che ce ne fosse almeno un altro, quello che aveva perso un braccio e si era miracolosamente rialzato.

Elijah si sedette sul trono e con un gesto indicò agli ospiti di avanzare. A Mond  non piacque per niente quell’uomo vestito di nero. Non lo aveva mai visto ma era stato messo al corrente del fatto che mentre dormiva quegli lo aveva osservato, annusato, fatto scorrere uno strano dito sulla sua gamba.

Una sensazione di bruciore lo percorse nel punto dove vi era la vecchia ferita.

“Mi è stato detto dal mio caro amico Lord Kamardan, signore delle libere terre del sud est, che voi siete suoi graditi ospiti e saputo che egli si trova in questo castello siete venuti a rendergli omaggio. Inoltre, avete anche una domanda per la mia persona. È corretto?”

Elijah pensò dentro di sé che quella fortezza era diventata troppo frequentata, per essere stata edificata su un colle. Più che un palazzo reale, era diventato un albergo ed era dunque curioso di conoscere il motivo della presenza di tutta quella gente. Aveva anche dato compito al suo primo ministro di spedire una lettera a Kamardan.

Al  vero Kamardan. Aveva la sensazione che l’uomo alla sua sinistra non fosse lui.

“Sì, mio sire” disse Gerald. “Siamo gli scudieri di sir Edward di Ontaria, il quale ha con sé un benestare di Lord Knor di Droword, che, per i servigi resi a lui e la sua famiglia, lo raccomanda per diventare cavaliere di questa nazione”

Elijah non capì.

“Se sei di Ontaria non ti posso assoldare” affermò. “Inoltre, i rapporti con quel regno sono ancora molto tesi. Ho fermato la guerra ad Ashengard, che stava causando troppi morti, per poter accordarmi col loro sovrano e garantire pace e stabilità. Adesso vieni tu da chissà dove e vuoi cambiare nazionalità?”

“Sì” disse Edward.  “Vengo da Ontaria, ma mi credono morto. In realtà, sono sfuggito alle spire della morte e mi sono trovato, dopo giorni di incoscienza, in un letto assieme ad altri infermi. Se non fosse stato per i miei… scudieri” Edward trattenne un riso “non sarei mai riuscito a…”

“E allora perché chiedi il cavalierato per questo regno?” chiese Elijah. “Non puoi semplicemente tornare a casa? I tuoi cari saranno molto felici di riaccoglierti, credendoti vivo, e puoi prestare ancora servizio al tuo re”

Edward sapeva che sarebbe stato complicato, ma raccontò. “Sono nato ad Ontaria. Il mio sogno è sempre stato quello diventare cavaliere e, come dite voi, prestare la mia spada al mio sovrano e la mia gente. Poi, però, è arrivata Ashengard. Centomila uomini, donne, bambini che chiedevano l’indipendenza, e il vessillo a bande quadrate bianche, blu e rosse ha occupato il mio cammino per mesi e mesi. Una campagna dopo l’altra, fra vittorie, sconfitte e perdite gravi, io e i miei commilitoni credevamo che saremmo giunti a una vittoria gloriosa. Eravamo giovani, spensierati, invincibili. Fino a quel giorno.”

Si interruppe. “Abbiamo attaccato una fattoria dove credevamo arrivassero armi e provviste. Abbiamo trovato solo una famiglia, e l’abbiamo torturata, ed io ho ucciso un bambino. Uno dei loro figli, credendolo solo un cuscino contenete materiale da cancellare. Fu allora che esplose una battaglia, perché cademmo nella trappola dei nostri nemici, e ne approfittai per scappare fra il fuoco, le urla e il sangue.”

“Dunque hai disertato approfittando della confusione” disse Elijah. “Perché dunque dovrei tenerti fra le mie fila? Non posso non pensare all’eventualità che tu possa tradire ancora. Anzi, dovrei denunciarti o metterti a morte”

“Avete ragione, sire, ma vi prego di leggere la lettera che il magnanimo lord Knor ha scritto per riabilitarmi”  lo pregò Edward, e gli porse il plico. Gerald e Mond sapevano fin troppo bene quanto era costato averlo. Il figlio della Luna l’avrebbe ricordato per sempre come il suo primo omicidio.

Elijah lesse con molta attenzione e deglutì. Guardò colui che credeva Lord Kamardan e si disse che aveva ragione.

“Dobbiamo risolvere il problema della comunicazione, avvengono troppo lente” dichiarò. “I Sotterranei… e chi immaginava ci fosse un popolo di demoni proprio sotto il nostro suolo? Voi mi garantite che siano stati eliminati tutti?”

“Tutti, mio re” disse Habraxan. “Non ne ho lasciato vivo nemmeno uno e, a dire la verità, ho goduto nel vederli soffrire”

Non poteva certo perdonare chi aveva ucciso Alexis.

“E sia!” esclamò Elijah. “Sto per commettere una follia. Ma, di questi tempi, noi nobili ne abbiamo tutti fatta una. So di Enwick, ad esempio, che ha lasciato guidare la difesa di Rockhafort a un ragazzino. Sei tu, per caso? Mi hanno detto che risplendessi, ma sarà stato uno scherzo della luce”

“Sono il figlio della Luna, sire” disse. “Risplendo solo in determinate situazioni”

“Certo” disse il re, molto scettico. “E dunque, se due uomini rispettabili come Enwick e Knor hanno ritenuto opportuno agire in maniera demenziale, io che sono il re e dunque loro rappresentante dovrò agire di conseguenza. Il senno ha lasciato il mio reame, sin dai tempi di Ashengard. Darò una cerimonia per nominarti mio cavaliere, fra due settimane!”

Mond deglutì.

Una volta congedati, chiese a Edward. “Quindi tu rimarrai per essere nominato cavaliere, vero? Ti verrà assegnata la cittadinanza di questo reame. Tuttavia non potrai proseguire il viaggio con noi. Non ho intenzione di incontrare quella bestia umana che sedeva accanto al re. A un certo punto mi è parso di vedere uno scintillio rosso oltre il suo cappuccio”

Edward rispose “Sono molto combattuto, Mond. Dormici su” e chiuse la porta delle sue stanze alle spalle. Il ragazzo rimase con Gerald e Mary.

“Che faccio, dunque?” chiese loro.

“Possiamo provare a fuggire” disse la ragazza, osservando il mondo fuori dalla finestra. “Tuttavia sono curiosa. Che cosa ha intenzione di dirti l’uomo incappucciato? E se fosse un tuo parente? E se fosse… un mostro venuto per accopparti? Vorrai saperlo, no? E sarà la Luna Piena a rispondere!”

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